Saggi di critica d'arte
Io son qui a parlarvi di un pittore secentista, ossia di uno di quelli intorno ai quali non s’industria in alcun modo l’acuità, per tanti rispetti
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Signori, io vi chiedo che non aspettiate da me la discussione della bontà di tal concetto. Bisognerebbe eliminare molte idee che adesso la critica ha
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per proposito; ma sia dimenticanza innocente, sia cognizione incompleta, tali silenzi nuocciono non poco alla sua critica. Or io vi dirò candidamente il
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’ingannava. Ho detto tino dei tipi, perchè io principalmente ne discerno due, ben distinti. Il primo proviene dalla Niobe, la cui testa egli doveva aver
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’Annunziata ch’è nel palazzo comunale di Ascoli-Piceno, e se io credessi, Signori, che potesse interessarvi la descrizione dei miei primi ardori estetici
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Il tempo m’incalza, o Signori, ed ormai devo rassegnarmi a far di Guido una trattazione molto incompiuta. I meriti di lui sono molti, ed io non ne ho
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color d’ardesia, in cui la destrezza della mano non compensa la vanità dell’idea e l’assenza di una viva percezione della natura? Dissi anch’io nella mia
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, sicchè non trascina dietro a sè se non gli avidi di nuove ricerche. Ma ai vagheggiamenti di quest’arte si aggiunse improvviso, secondo clic io penso
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’essere stata una delle prime prove di lui, ed io m’auguro che, come prezioso documento della storia di un sì nobile spirito, prenda posto in questa
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Permettete che io cominci coll’evocare alla vostra immaginazione un episodio di storia bolognese.
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, dallo svolgersi sempre garbato delle ciocche e dei veli tenuissimi che incorniciano tanta bellezza. Se dall’arte del Perugino, come io penso, fu messo
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avuto una rivoluzione da fare. Ma, per vero dire, con tutti i miei se io supponea l’assurdo. Ciò non poteva avvenire. Gl’imitatori non sono mai
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contemperarlo con altri elementi tolti da Raffaello e dal Correggio. Ma io non devo ora occuparmi di costoro.
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carattere, getti di pieghe sobri e veri. Ma io non sarei meravigliato se un bel giorno una vecchia carta venisse a rivelarci che quell’opera è di Lorenzo
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Ed ora lasciate, signori, ch’io chiami la vostra immaginazione a contemplare un’altra scena. Quel cumulo di meraviglie ch’era il palazzo Bentivoglio
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Ma è tempo ch’io dica alcune parole dei raffaellisti, due dei quali specialmente occupano colle loro opere sì largo posto in quel periodo della
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colore caldo nelle carni, una cotal gentilezza di fisonomie, ma vera castigatezza, no. Il proposito di dar garbo alle movenze Io trascina talvolta a
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modo vago che tutto lo svolgimento di quel periodo bolognese sarebbe stato più spontaneo, più originale, più nobile; ed io, ragionando degli eredi del
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