Saggi di critica d'arte
DISCORSO TENUTO A BOLOGNA NELLA SALA DELLA SOCIETÀ DEGL’INSEGNANTI IL DÌ 20 APRILE 1890.
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DISCORSO TENUTO NELLA SALA DELLA SOCIETÀ DEGL’INSEGNANTI IL DÌ 25 MAGGIO 1890
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tutto il secolo XVIII, non senza varcar le Alpi, Guido Reni era figura troppo alta perchè si potesse far conto di non vederla, e perchè non paresse
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ramingato per la Francia, nutrendosi a stento e sempre tendendo verso l’Italia, il suo sogno, il suo delirio, ove intendea studiar molto e divenir
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Ho detto che il Francia è il più insigne pittore che Bologna vanti; ma, se taluno mi domandasse: “ è veramente tra i pittori bolognesi quello che ha
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Ma nessun di costoro vi rimase lungamente. Una doppia cagione li allontanò: la prima, il carattere stravagante ed iroso del maestro; la seconda, il
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Sebbene Guido si maturasse artista colla scorta dei Caracci, e questi abbiano il precipuo vanto della gloria ch’ei seppe poi procacciarsi, m’è parso
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successivo di altre cause storiche quest’aura può inquinarsi di germi insidiosi capaci di corrompere anche le nature più elette. Il torto del Taine è stato
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pittorici; e difatti il periodo caravaggesco durò poco. Si narra ch’egli un giorno udisse da Annibale Caracci su per giù questo discorso. “Il Caravaggio
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Bologna ha avuto, secondo il mio giudizio, cinque appassionati cultori della bellezza muliebre: Vitale Cavalli con cui il 300 bolognese s’inizia
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’ingannava. Ho detto tino dei tipi, perchè io principalmente ne discerno due, ben distinti. Il primo proviene dalla Niobe, la cui testa egli doveva aver
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Il tempo m’incalza, o Signori, ed ormai devo rassegnarmi a far di Guido una trattazione molto incompiuta. I meriti di lui sono molti, ed io non ne ho
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Il segreto di Guido è l’associazione della sua morbidezza di pennello con tutte le attrattive del tocco fresco e risoluto. Il martirio di S. Pietro
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Un altro gran merito di Guido è l’aver inteso l’eloquenza che irrompe imperiosa dalle tinte lugubri e conturba il cuore dell'uomo. Chi ha veduto i
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, nella famosa Aurora che volle da lui il card. Scipione Borghese, ora detta dei Rospigliosi. Che importa se, inebriato dagl’inviti e dalle onoranze
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Donde provenne il Francia? Dai pittori ferraresi, i quali alla loro volta sentirono l’influsso dei padovani, del Pisanello e di Piero dei Franceschi
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La critica storica presente tende a riconoscere in Lorenzo Costa il maestro del Francia. Se la cosa è vera, bisogna ricordare che il Lanzi prima di
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Tuttavia quella scritta sotto il ritratto del Bentivoglio poteva anche essere vera. E allora l’ipotesi preferita dai moderni, ossia che il Costa sia
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Si è molto ripetuto che il Francia cominciasse a dipingere a quarant’anni, e che la tavola commessagli da Bartolomeo Felicini per la chiesa della
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, colle mani giunte, in atto di protendere il collo gentile e di guardar lo spettatore con tal fissità pensierosa, che quello sguardo non si dimentica più
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Tornando al nostro argomento, Signori, devo dire che fin dal 1487 il Salimbene scriveva del Francia: “ Lui Polygnoto col pennello avanza „ sicchè lo
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dorate nell’azzurro le forme gentili dell’abside e della torre di S. Giacomo, e il viso austero di Sante, scavato dagli anni, obbietto a tutti gli
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Il suo metodo di osservazione restò fino all’ultimo prettamente quattrocentistico. Qui sento che ho bisogno di spiegarmi. A differenza dei
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le membra hanno la consistenza e la saldezza della vita; l’addome si comprime nello slargarsi del torace, come per respirazione. Il Francia ha
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sopravvivano di sì lunga e nobile operosità. L’una, il Crocifisso, fu fatta fare da Bartolomeo Felicini quando sposò Dorotea Ringhieri (ci sono
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il conforto di avviare pieno di speranze alla pittura uno de’ suoi figli. Si compiacque nell’insegnare. Nel pianoterreno della sua casa tenea scuola di
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forte, e che dei soggetti di religione si fece un pretesto a sfoggi ambiziosi di scorci e di scienza anatomica, il Francia sta nel mezzo nobilmente
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DISCORSO TENUTO A BOLOGNA NELLA SALA DELLA SOCIETÀ DEGL'INSEGNANTI IL DÌ 27 APRILE 1890.
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; studiava il disegno e apprendeva l'oreficeria; e certo negli slanci più audaci della speranza pensava che un dì potesse prender posto nel superbo palazzo
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, sopratutto dell’impronta che le aveva data Raffaello. Vivea nell’intimità del grande urbinate un illustre bolognese a cui il Francia, molti anni prima, era
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Il raffaellismo.... (mi si perdoni questa parola, che è brutta, ma divenuta necessaria per esprimere in astratto l’arte nata dagli insegnamenti di
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’Italia, salvo la veneta e la ferrarese, avrebbe, come Vestale prediletta dal Nume, mantenuto il fuoco sacro dell’arte, e i Caracci più tardi non avrebbero
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quali anche più tardi, quando il periodo raffaellistico si andava esaurendo, stentarono a far allignare il lor seme in questo suolo. Giorgio Vasari, che
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, troppo rossa d’intonazione, ma per disegno, per garbo di atti e di volti abbastanza buona. Nulla palesa in questo artista il proposito di dipartirsi dalle
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Se sono del Chiodarolo il Presepio della pinacoteca segnato col n. 60, l’altro Presepio della chiesa di S. Vitale, che il Ricci con buone ragioni gli
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Il bisogno di affrettarmi m’impedisce d’intrattenermi a ragionare dell’Assunzione in S. Martino, opera pregevolissima, di cui Corrado Ricci fa onore
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Ed ora lasciate, signori, ch’io chiami la vostra immaginazione a contemplare un’altra scena. Quel cumulo di meraviglie ch’era il palazzo Bentivoglio
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quali saranno necessariamente meschine e da ultimo anche nauseose, perchè formatesi al chiuso, all’ombra, senza la cooperazione di quel sole ch’è il vero
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Ad ogni modo, il primo periodo di Giacomo Francia è il più corretto. Protraendo la vita fino al 1557, egli passò noncurante, pigro, in mezzo ai
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pittura bolognese da non lasciar scorgere facilmente a prima occhiata quelle degli altri. Sono il Bagnacavallo e Innocenzo da Imola, ambedue nell
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Imitando, avviene che poco o nulla è interrogata la sola legittima consigliera dell'artista: la natura; ma è interrogato sempre il concetto che nella
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Il merito dunque di questi due pittori è molto relativo. Applicare una grande dottrina senza aver la forza di abbracciarla tutta, appropriarsene
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Ho detto che è facile distinguere l’un dall’altro questi due artisti. Il Bagnacavallo è coloritore più succoso, più armonioso. C’è un suo quadro d
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ferrarese, e principalmente ricorda la mano di Benvenuto Garofolo. Eppure è di Innocenzo. Lo dice il Vasari, che anch’esso dipinse in quel monastero e conobbe
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grande naufragio, i quali, per quanto lodati dai vecchi scrittori, non alterano il concetto che abbiamo di questo artista. Il quale, scrive il Vasari
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Pace in S. Petronio, ov’egli dipinse storie della vita di Cristo e della Madonna in concorrenza con Girolamo Marchesi, detto il Cotignola, con
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Ma quando si guardino altre opere del Bagnacavallo, per esempio, il quadro del Crocifisso nella sagrestia di S. Pietro, la sacra famiglia con S
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bolognese; ma basterà dir poco, che all’importanza loro sarebbe sproporzionato un lungo discorso. Girolamo Marchesi, detto il Cotignola, peregrinò per l
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abili, si fece presto un fare consuetudinario, in cui è facile ravvisare l’uomo che non vuole stillarsi il cervello a studiare. Una tenerezza di
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Quando anche il timore, o Signori, di essere indiscreto, trattenendovi qui troppo lungamente, non mi avesse obbligato a correre rapido nel vasto
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