Saggi di critica d'arte
torto. Egli era ingiusto come tutti coloro che, affrettando rapidi i passi, si dilungano molto dai predecessori, sì che, volgendosi indietro e
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a titolo di onore qui nomino, poichè egli ha dottrina comparabile a quella dei più valorosi scrittori stranieri di cose d’arte, e forse li supera per
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vederlo era cosa inconsueta, chè, schivo di applausi, egli non usciva di casa se non raramente e presceglieva i vicoli e i luoghi men frequentati. L
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dei suoi benefattori, e progredì talmente che il buon Sabattini lo volle seco a Roma, quando vi fu chiamato da Gregorio XIII. A Roma egli compì la
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’essa ha di più significativo per l’arte. Se tuttociò avvenne per virtù di riflessione più che per islancio inconscio, egli è che le condizioni storiche
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e la facilità incantevole delle modellazioni, ossia vi apparisce l’ingegno personale di Guido, tanto che quel quadro è il preannunzio di ciò che egli
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egli non adotto la predilezione dei ceffi, non dipinse, a protesta contro gl’ideali, quel che di più rozzamente selvaggio e brutto e nauseoso mostra
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pittorici; e difatti il periodo caravaggesco durò poco. Si narra ch’egli un giorno udisse da Annibale Caracci su per giù questo discorso. “Il Caravaggio
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, che loro ha trasfuso l’anima supremamente nobile del pittore. È questa l’aura conveniente alle figure cui egli dà vita, figure in cui, quanto allo
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rielaborato dai pittori cristiani. Si direbbe ch’egli abbia pensato che ad adattarlo alle esigenze della sua fede bastassero le sole sue forze, e non s
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tempo: le contesse Barbazzi e De Bianchi. Ma più accertato è ch’egli sul far del mattino solea nascondersi dietro i pilastri delle chiese o nell’ombra d
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diminuisce ciò che egli aveva già fatto. Poteva non esserci quel periodo; l’artista potea morire a cinquant’anni invece che a sessantasei; dinanzi alla
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, fors’anche men fermo e definitivo nel modellare, egli è, ad ogni modo, più serio e più severo degli umbri del suo tempo, più sicuro nel fissar la
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. Egli, del resto (l’ho già detto), non avea bisogno di educazione artistica propriamente detta. Salvo la tecnica del colorire, che gli era necessario
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dal biografo appresa a Bologna, ov’egli venne poco più di venti anni dopo la morte dell’ammirato maestro, ossia quando le memorie di lui sopravviveano
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presagito la distruzione che, quarantasette anni dopo, sarebbe stata fatta della grande opera a cui egli ponea mano, Sante Bentivoglio, corteggiato da tutte
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Procedendo innanzi nell’esercizio, il Francia acquistò più scioltezza e disinvoltura di mano, non mai vera larghezza di stile. Egli è di quelli che
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degli aspetti già cominciava; quindi in lui la descrizione delle cose è minuziosa. Se, ad esempio, un santo vescovo ha un piviale rabescato, egli
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senso della grande tragedia! Il Francia si trovava bene quando gli era data a dipingere una scena quieta, ov’egli potesse far trionfare la bellezza
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in questa via, certo è che dappoi egli la percorse solo, senza bisogno che altri gli guidasse i passi, mirando solitario all’ideale discoperto, che
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La vita del Francia, a quanto ci è dato conoscere, fu calma. Nessuna scossa troppo forte ne turbò mai l’andamento; nella quiete domestica egli ebbe
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occhiata comprensiva. Egli muore poco più di due anni prima di Raffaello, dopo aver appreso dalla S. Cecilia di essere in ritardo sul movimento generale
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della persona, era riuscito, inframettendosi tra la gente a procacciarsi un buon posto per vedere. Egli avea nel cuore la fiamma sacra dell'arte
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più se non per lui, dedicandogli intera la fervida vitalità del suo ingegno e contribuendo mirabilmente a spargerne la fama. È ben naturale ch’egli non
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Bologna. È un fenomeno degno di attenzione. Egli è forse che Bologna, la quale si trovava ancora, guidata dal Francia, a fantasticar nella vaga
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’ossequio, e la mandorla luminosa, entro cui spicca, aggiunge un carattere ieratico all’inaspettata apparizione. Egli apre nobilmente le braccia, stendendo
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Costa, il quale nella maniera ch’egli incominciò a praticare sul cader del secolo XV ebbe appunto queste intonazioni vigorose, queste teste un poco
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giovinezza egli è stato rigoroso, accuratissimo disegnatore. Si può permettere alla mano di sbizzarrirsi, quando vigila l’intelletto ricco di conoscenze. Il
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Ad ogni modo, il primo periodo di Giacomo Francia è il più corretto. Protraendo la vita fino al 1557, egli passò noncurante, pigro, in mezzo ai
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qualcosa che, secondo il suo giudizio, s’approssima a quegli esemplari in cui egli vede risplendere la somma perfezione? Egli scorda che il suo pregio è
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concetto delle graduazioni di chiaroscuro; gli abiti sono tinte intere che spesso mal si accordano, e lo sparire delle velature, che egli ponea sopra
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influenze raffaellesche; ma qui egli è devoto ai ferraresi del suo tempo, quanto allo stile; quanto ad alcuni pensieri nell’atteggiare i soldati
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guscio, giacchè non abbiamo memoria ch’egli andasse mai a Padova, a Venezia, a Roma, a Milano, dovè sentirsi pungere nell’animo quell'amara verità per cui
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Pace in S. Petronio, ov’egli dipinse storie della vita di Cristo e della Madonna in concorrenza con Girolamo Marchesi, detto il Cotignola, con
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. Paolo e S. Benedetto nella pinacoteca, egli purtroppo fa l’effetto di un ingegno assiderato in una convenzione, la quale gli s’infiacchisce, gli degenera
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