STORIE ALLEGRE
cittadino, ne convieni, babbo?" "Sicuro che ne convengo." "Il mio maestro è un buon omo: ma è un omo piccoso. Figurati! pretenderebbe che i suoi
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riconosciuto. "E voi come vi chiamate?" "Mi chiamo... io!" "Questa voce la riconosco!", masticò il cieco fra i denti: quindi soggiunse: "Ditemi, mio
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Pipì riconobbe subito la voce di suo padre e tutto commosso gridò: "Che cosa fate qui, babbo mio, a quest'ora?" "È un mese che ti cerco da per tutto
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che faceva gola soltanto a vederla. Quella coda era tutto il mio patrimonio." "E perché sei scappato di casa?" "Non sono scappato ... mi hanno chiuso
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in tono di rimprovero. "Perché ... perché ... " "Su, su! Rispondi con franchezza." "Perché io voglio tornare a far lo scimmiottino insieme col mio
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garbatamente, portandosi la zampa destra all'altezza del capo, a uso del saluto militare. "Che cosa fai costì, mio bellissimo coniglio?", gli domandò lo
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male, bambino mio: l'unico male per il quale i medici non abbiano saputo trovare ancora una medicina. Prova a farti un po' di coraggio ... " "Ho provato
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cui generalmente tutti mangiano di magro. Confesso la verità: ero contento di me. Più guardavo quel mio bozzetto, e più mi pareva di aver fatto una gran
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dirgli: "Bravo Masino! Vedo che non ti sei lavato né il viso né le mani, e hai fatto bene. Coll'acqua, bambino mio, non bisogna pigliarsi mai
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!". "Me ne vado subito", replicò il capo-masnada, "e la cena ve la pagherò al mio ritorno." "Padron mio riveritissimo! Buon viaggio e scarpe larghe
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in vetta agli alberi? nell'andare a bagnarsi dove l'acqua è più alta, senza saper nuotare? ... No, carino mio, no: queste non son prove di coraggio
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burla sgarbata?" "Se ne ho trovati, scimmiottino mio! Nel mondo, per tua regola, c'è più impertinenti che mosche." "Dite, Arabà: e quando i monelli
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il mio amico Pipì. L'amico Pipì è uno scimmiottino sincero e amante della verità, e se per caso incontra un uomo veramente bello, non ha nessuna paura
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Gigino ebbe visto l'animale, disse scrollando il capo in atto di compassione: "Questo, caro mio, non è un cavallo: questa è una pecora." "Eppure scommetto
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via: sentiamo di che si tratta." "Si tratta di un goletto da collo del mio fratello Augusto." "Come c'entra il suo fratello Augusto?" "Bisogna sapere
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feste di Natale. Allora potrò rompere il mio salvadanaio... e con quei quattrini, voglio farti una bella giubba, mezza d'oro e mezza d'argento." Per
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la giubba, almanaccò col suo cervellino di grillo questo bellissimo ragionamento: "Se mi mettessi la giubba del mio fratello Augusto? ... Augusto è a
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segnerete a mio debito. Lo zio "E ora", domandò Cesare, "da chi si vanno a prendere queste cento lire?" "Alla Banca de' Monchi ." "E dov'è questa Banca
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tutte le altre scimmie." "Eppure avete detto che ogni mio desiderio dev'essere contentato." "Verissimo. Ricordatevi però, Maestà, che la più bella
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scagliarti lontano mille miglia." "Deh! non lo fate! ... Abbiate pietà di me." "Non meriti pietà." "Abbiate almeno pietà del mio bambino. Povero
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! ALFREDO: Ancora no, t'ho detto! GINO: Ho fame, la volete capire? ALFREDO: Altri due minuti, e la scena è finita. ( declamando ) "Sì, il mio destino
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", gridò il ragazzo. "Lo spillone non è mio, e lo voglio rendere alla mamma ... " "Lascia correre, Pierino, se no ci rovini tutti!", dissero i suoi fratelli