Quell'estate al castello
giú e la zia la abbracciò. Lei lasciò fare. Stava a testa bassa, senza guardarci. - Non può essere vero, - disse di nuovo. Come un disco che si è
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, stessa spiaggetta sull'ansa del fiume, stessi cieli azzurri sempre uguali. L'altra parte - che poi ero sempre io - non stava nella pelle dalla bramosia
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mi premeva di bloccarla. - No no, - dissi a precipizio, - non è il caso, non stava mica male. Cioè, un po' cosí, ma niente di speciale. - Ma che cosa
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col sedere nell'acqua. Allora sentii ridere. Qualcuno, in tutto quel buio, stava ridendo di me. - Ippolita? Ormai ero abbastanza vicina al buco
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miei dubbi e paterni, finora non mi ero dimostrata per niente una amica eroica, ma adesso un filino di eroismo sentivo proprio che mi stava venendo
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volentieri, se non fosse stato per non dare soddisfazione alla gente che stava a guardare, compreso l'impiegato coi baffi. Stava con la testa piú alta
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casa proprio sua. Sí, rispondeva Ippolita, questo le faceva molto piacere, però nel frattempo stava volentieri anche con loro. Era talmente
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una cosa e l'altra. Ippolita adesso che il groppo si era sciolto non stava piú zitta come prima, anzi avrebbe parlato tutto il giorno. Fu allora che mi
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, - (ah ecco, era un liuto, il chitarrone), - e la dama si affacciava al verone e stava a sentire. Idea! Facciamo un gioco. Tu vai a metterti sul
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mai capitava di nominarla. - Ma stava a... - , e disse un altro nome americano che non mi ricordo. - Perché a New York? Di colpo si illuminò tutta, tipo
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rimordeva la coscienza della brutta parte che stava facendo con lei? E be', se mai ne avevo tanto piacere, guarda un po'! E frrzz e frrzz e frrzz. Che
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spavento: una finestra con la luce accesa, in alto, dove stavano le camere della servitú. Remigio, orrore! era già sveglio. Forse l'aveva sentita e stava
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