Quell'estate al castello
Andavo sempre in campagna dalla nonna, per le vacanze. Facevamo i bagni nel fiume, giocavamo a briscola e all'ometto nero sotto la pergola del
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me era di averlo trovato proprio qui in casa della mia nonna, e insomma di averlo sempre avuto sotto il naso senza saperlo, mentre non c'era stato in
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, ecc. ecc. 3°, procurarsi con qualche scusa il pezzo di spago forte per legare la valigia sul porta- pacchi. 4°, mandare Remigio in paese sotto la
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pozzanghere. Un cappelletto di tela bianca in testa, per il sole, e sotto il cappelletto le trecce già un po' disfatte per via della biciclettata. Il
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meglio feci anche una girata nel parco. Su e giú col cuore in gola per quei viali e vialetti, sotto gli abeti (o pini). C'era un gran silenzio; chiamavo
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contare che poteva prendere un malanno, con tutta l'umidità che c'era là sotto. Insomma, poco da dire, venivo proprio ad essere la sua salvatrice, tra
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Salivamo la strada bianca di polvere, sotto un sole a piombo. Si cuoceva, nell'automobile nera con la capotta piatta. Ippolita, che era in campagna
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alla fronte un sopracciglio color sabbia e ghignò di nuovo sotto i baffi. Non mi ero sbagliata: aveva proprio una faccia umoristica. - Amabili diporti
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vacanze? - Niente. Stiamo al fresco sotto la pergola e ci divertiamo a risolvere le parole incrociate e i rebi. - Rebi? - Plurale di rebus. Giochiamo
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. - Cosa dici che ci sarà, qui sotto? Un ripostiglio di quelli che diceva tuo zio? - Probabile. - Proviamo a guardare? Chissà che non ci sia il tesoro
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bellissimo, tutto a sboffi e bianco accecante, ma col nero sotto. E la mattina dopo, giú acqua. Cosí gli stivali di gomma ce li siamo dovuti infilare
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una catena pure di ferro. A vederla seduta sotto quel macchinario, in quella sala cupa, la mia amica incominciava sul serio a sembrarmi una prigioniera
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