Quell'estate al castello
Non l'avevano mica chiusa in una cella Ippolita. Quando io e i suoi zii eravamo entrati in quella sala d'aspetto, lei c'era già, seduta dall'altra
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avrei voluto che non cambiasse mai niente, che l'estate di quest'anno fosse identica a quella dell'anno scorso, stessi pomodori e fagiolini nell'orto
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paura di scoprire qualcosa che potesse rovinarmi la vacanza. Di nuovo mi sembrò che quella tale farfalla mi toccasse con la punta delle ali. Un tocco
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entrassimo di nuovo in quella grotta.
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che qui ai tempi della villa (quella che c'era stata prima del castello) doveva esserci una grande fontana coi giochi d'acqua e le statue. - Che
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mamma, lassú, a comprarmi tutto quello che mi serve. Porterò solo la mia valigina piú piccola, quella ci sta, sulla bicicletta. Anzi, fammi ricordare di
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. L'ora era quella. - Macché, giú non si è vista. Sarà piuttosto di là in bagno. - Oh no, signora contessa. Ci sono andata adesso, nel bagno, per
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tanto che era pallida. E quella faccia continuava a dire, sempre con lo stesso vocino sottile, da non riconoscerlo per suo: - Non è vero! Non può essere
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prima; una confusione in testa e quella nausea nello stomaco. Però una differenza c'era. L'altra volta io ero preparata, sapevo tutto in anticipo
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. Intanto i tuoi non ti hanno mai fatto nessun torto. Allora mi venne l'ispirazione di raccontarle di quella volta che la mia mamma mentre ero a scuola mi
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con gli occhi intanto mi accennava quelle finestre. Fu la prima avvisaglia. Un brividino minimo, a quella frasetta che pareva detta per scherzo. Meno
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stilografica, cosí la finii di dover pescare in quella schifezza di broda verdiccia-violetta dei calamai della mia scuola. E anche Ippolita ebbe un regalo
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e tondo di paglia, borsa grande e quadrata pure quella di paglia, e i baffi. Non sarà gentile dirlo, però li aveva davvero. Niente di spettacoloso
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fondo, be', bisogna dire che lei non restava indietro. Con quella sua aria delicata, non era poi per niente una piaga o una pappamolla, anzi certe
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, in quella cantina, valeva la spesa di spenderci tante parole? Momento. È vero che era successo poco, però quel poco c'entra molto con quello che
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poi aveva il nervoso, per questo aveva detto quella frase dell'anima rotta. Non era ancora arrivata la posta del pomeriggio (già, a quei tempi la
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una catena pure di ferro. A vederla seduta sotto quel macchinario, in quella sala cupa, la mia amica incominciava sul serio a sembrarmi una prigioniera
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d'accordo che non mi avrebbe chiamata, cosí potevo sempre dire agli zii che quella mattina non l'avevo ancora vista e non ci eravamo parlate per niente
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