Quell'estate al castello
aveva ripreso in mano la lettera. - Poi papà ha il lavoro, - aggiunse, mentre cominciava ad aprire la busta con un dito. - Tanti lavori molto
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tono della persona sicura di sé, che i pipistrelli di giorno dormono e bastava far piano per non svegliarli. La presi per mano e cominciai a tirarmela
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concludere; e pensavo che avrebbe detto «siamo d'accordo?» o qualcosa del genere. Invece mi tese la mano e fece, col punto interrogativo: - Guic guic
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gioco della dama col trovatore. - Cosa c'è? Cos'hai? - Ero fin spaventata. Di nuovo come quel primo giorno, mi agguantò per mano e mi tirò fino in
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dalla stanza da pranzo col giornale in mano, guardando in su. - Ottavio, qui la bambina non c'è, è una cosa piuttosto strana. Presi il coraggio a due mani
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. - Ippolita, - buttai fuori subito. - Non la trovo. Non so dov'è. - Ah, - fece, tipo grido che viene dal cuore, ancora con la caffettiera in mano, - non
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volentieri un mano, qui, non pareva piú per niente una principessina. Parlavamo, dunque, del tesoro e dei posti dove dovevamo guardare per vedere se
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accende una candela; allora, se si tiene una mano davanti alla fiamma, diventa precisamente di quel rosso lí. Si slanciò a prendere la lettera dal vassoio
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, scappò da ridere. Ippolita per trattenersi si tappò naso e bocca con la mano, ma le scappò lo stesso uno sbuffo soffocato «Pfff!». Scappò anche a me
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mano con una candela dietro, vedi al capitolo 3. - Oh! Forse sta per imbarcarsi, forse torna! - Si spense subito: - Ma allora perché non ha scritto
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sulla sponda del letto, che era il legno che avevo piú a portata di mano. Questo fu il nostro saluto. Adesso bisogna andare dietro a Ippolita: era lei che
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