Quell'estate al castello
, avran pensato che fosse piú prudente starsene quatti nei nascondigli della volta. Al chiaro del giorno ci siamo riviste in faccia. Eravamo uno
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tutto non eravamo state proprio nel centro della terra. Fuori dissi ancora, sbattendo gli occhi nella gran luce: - Allora domani, eh, con gli stivaloni
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rarissimi, degli introvabili, che non c'è oro né diamanti da poterli pagare. Era una cosa grossa. Non c'era da meravigliarsi se eravamo rimaste come
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Non l'avevano mica chiusa in una cella Ippolita. Quando io e i suoi zii eravamo entrati in quella sala d'aspetto, lei c'era già, seduta dall'altra
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normali, le strizzate di dispiacere a tradimento per la bella vacanza che finiva e gli accessi di ridarella, perché eravamo eccitate. Ma come ho detto
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cosa che gli dava proprio fastidio.) - Piuttosto, - disse, - mandiamo giú Remigio a vedere. Suonarono per Remigio. Ormai eravamo tutti in salone, anche
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Ippolita non avevamo capito niente: era tutto più meno all'incontrario di come ci eravamo figurate. - Non solo il modo, anche il momento, - proseguÍ
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. Allora anch'io, allo stesso modo, feci finta di dimenticarmi che mi avevano chiamato vipera e guardata come un vile verme. Eravamo diventati tutti molto
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. Per un po' Ippolita rimase zitta. Stava seduta sulla sponda alta di un vialetto (eravamo nel parco) e dondolava le gambe. - Non capiscono mica un
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Eravamo tornate da un po' in città e a scuola e Ippolita viveva già con suo padre, quando si terminarono di valutare i francobolli dello zio Pio
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appuntito e come offeso, per la delusione, e spinse da parte la lettera senza aprirla. Non che la buttasse via, ma insomma eravamo quasi lí. Lo zio aveva
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E cosí, mentre eravamo scese in cantina zitte e quatte, siamo risalite con le bandiere spiegate, si fa per dire, cantando a squarciagola e battendo
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camera era un po' meno buia quando aprii di nuovo gli occhi. Cominciai ad aspettare che Ippolita passasse davanti alla mia porta. Ci eravamo messe
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