Quell'estate al castello
col sedere nell'acqua. Allora sentii ridere. Qualcuno, in tutto quel buio, stava ridendo di me. - Ippolita? Ormai ero abbastanza vicina al buco
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l'estate scorsa, appesi a testa in giú nel solaio della casa di mia nonna, e non mi erano parsi poi tanto terribili. Un po' buffi, anzi. Cosí dissi, col
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stava per tornare al castello (si capisce che nel frattempo ci si salutò col maresciallo, perché intanto l'attaccabottoni l'aveva finita con la sua
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gioco della dama col trovatore. - Cosa c'è? Cos'hai? - Ero fin spaventata. Di nuovo come quel primo giorno, mi agguantò per mano e mi tirò fino in
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perfetta maleducata. Tutto sommato era più facile la parte di Ippolita, che aveva solo da volarsene via, con la pioggia o col sereno, leggera come
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ero entrata in sala da pranzo col cuore nei tacchi dei sandali, dall'apprensione. Almeno, io lo sentivo circa a quel livello li. C'era già la contessa
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nuovo pena. Ma cosa mi prendeva, di aver sempre pena della aguzzina della mia migliore amica? Parlottò ancora un po' col marito, sempre molto
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ragionevole che faceva cascare le braccia. Tutto questo non durò molto. Pareva di sí, al momento, perché il tempo si era messo a passare col rallentatore, come
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su col treno il sabato sera. Lui non l'aveva mai presa sul serio, la storia del nostro tesoro. - Mai più! - rispose la mamma, che invece ci giurava
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già da un po', era venuta a prendermi alla stazione col solito cameriere, che per guidare l'automobile aveva smesso la giacca a righine e portava
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Ippolita fece una smorfia. - Ma non cantavano mica cose simili, i trovatori. - No? - No. Cantavano le lodi della loro dama, accompagnandosi col liuto
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benissimo anche questo, come buco. E batté col piede sulla botola dello scheletro. (Beninteso che ormai l'avremmo sempre chiamata cosí.) Scherzava, però
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bellissimo, tutto a sboffi e bianco accecante, ma col nero sotto. E la mattina dopo, giú acqua. Cosí gli stivali di gomma ce li siamo dovuti infilare
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tornare indietro. Forse si era stufata di camminare nel bagnato con due tipe col muso lungo, in stivali di gomma che facevano sguisc. A me però mi venne in
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un bell'andare, sullo stradone ormai asciutto, col frescolino e il cielo sempre più chiaro. Ippolita quando me lo raccontava cercava sempre di
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