Quell'estate al castello
attenta. - Ieri sera mi ha detto che non si sentiva tanto bene, e di non disturbarla, stamattina, perché voleva dormire fino a tardi - . Infatti aveva
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lei, al castello della sua famiglia. Più che contenta: emozionata. - Per me, ci vengo di corsa, - dissi. Il sangue mi aveva fatto ciuff ed ero rossa in
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momento all'altro, però era stata zitta lo stesso, per picca, e cosí aveva sentito tutto. - Bambina!... - esclamò la zia e fece il giro della panca di
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no. Aveva i suoi occhi di puro acciaio inossidabile, mentre lo diceva. - Allora ci vado. Scappo. E tu mi devi aiutare. Lo sapeva da tanto tempo di
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vanno d'accordo. Dunque, zitta e mosca. Ippolita intanto aveva di nuovo messo via il ritratto, maneggiandolo con delicatezza, come se lo accarezzasse, e
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a piangere a cateratte. Insomma, proprio una bella scena. Andando avanti di questo passo il groppo che aveva sul cuore non ci avrebbe messo molto a
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dirglielo allora, se voleva, invece niente, zitta e mosca col nasone sul solitario, e poi a me aveva detto cava e io stupida che mi ero fatta venire i rimorsi
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un'altra ragazza in classe nostra l'aveva, a parte Ippolita. Ascoltando dischi ci siamo messe a parlar d'altro e dopo un po' fu quasi come se non fosse
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attaccato il «palpitante». Poi siamo dovute tornare fuori. Tra l'altro lí al buio non avevamo idea di quanto tempo fosse passato e Ippolita aveva ancora
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pensare male di nessuno, e lo vedevamo, adesso, se il tesoro c'era? Nonna, tranquillissima: certo che c'era. Il povero Pio lo aveva sempre detto.
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al centro della terra. Abbiamo fatto un altro po' di passi nella nuova direzione che la galleria aveva preso, cioè, come si capí poi, tornando verso
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Dunque la prima cosa che aveva detto a Ippolita l'impiegato della biglietteria, quello coi baffi stupefatti, era stata per l'appunto: - Viaggi sola
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giudicavano male (la madre) solo perché era giovane e aveva voglia di divertirsi. E va bene. Ma lei, adesso, la figlia, come la giudicava? Non c'era verso di
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raccontò tutti quei particolari della sua fuga. Non ce ne stancavamo mai né io né lei, tanto è vero che li ho imparati a memoria. Di quello che aveva
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già da un po', era venuta a prendermi alla stazione col solito cameriere, che per guidare l'automobile aveva smesso la giacca a righine e portava
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ortensie? Il conte Ottavio, che, si vede, aveva fatto anche lui un giretto nel parco invece della siesta. Il «plin plin» che avevo già pronto non mi
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e tondo di paglia, borsa grande e quadrata pure quella di paglia, e i baffi. Non sarà gentile dirlo, però li aveva davvero. Niente di spettacoloso
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sempre lí a pensare ai guai di famiglia di Ippolita e ad avercela con gli zii. Ci divertivamo insieme, eccome, nelle ore che lei aveva libere da compiti e
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caso che la gran luce che ci aveva abbagliato era riflessa da un nuvolone di quelli ammucchiati su alti alti come torri. Poi l'abbiamo visto; era
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, come aveva detto una volta. Una principessina tenuta sotto sequestro in un lugubre castello (le trecce lisce e chiare, la tunichetta di lino azzurro
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ogni sera dopo aver chiuso la appendeva a un chiodo sul muro lí vicino, almeno non c'erano problemi per impadronirsene. Tirando il paletto aveva una
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