Quell'estate al castello
discorso del groppo sul cuore me lo fece per l'appunto in confidenza, la mattina dopo in camera mia. Non era una ragazza che avesse studiato e magari non
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il modo di fare, ecco. E mica che non ne avesse avuto il tempo, poco fa in salone Ippolita era rimasta un bel po' a ronzarle intorno, poteva
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argomento avesse un po' la coda di paglia. Cosí mi corressi subito: - Volevo dire i tuoi zii. Non è con loro che abiti? - Oh si, abito con loro. Magari ne
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aveva colpa di niente. La mandò via domandandole cosa avesse da fare lí in salone, con un tono secco secco che non le avevo mai sentito. Io pensavo che
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. - Vengo anch'io, - dissi, a muso duro. Era importante che la povera prigioniera, nel momento d'essere riacchiappata dai suoi aguzzini, avesse accanto
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, avesse fatto lo stesso quel che le comodava fare. Non glielo avrebbe mai perdonato, mi disse un giorno. Disse proprio cosí. In cuor mio non me la
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? - Credo che in quel momento non mi sarei molto meravigliata se mi avesse detto che era di gesso, o magari di cartapesta, tanto ero delusa. - Voglio
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prendeva tutt'un altro aspetto, molto ma molto piú serio. Non sapevo piú cosa dire, un po' come se Ippolita mi avesse confessato di punto in bianco di
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, una alla settimana, mi sembra che avesse detto. Lei le leggeva, gli rispondeva, non dico mica che non le facessero piacere. È che, sotto, aveva la
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finta che tutto fosse normale. Tant'è, mi svegliai. Di soprassalto, come se qualcuno mi avesse chiamato. La stanza era al buio, pareva ancora notte
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