Quell'estate al castello
misi a saltare e a gridare a squarciagola: - Il tesoro! Guic guic! - Guic guic! - gridò anche Ippolita, buttando in aria le braccia e saltando cosí che
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rimasta con gli zii, per il momento. Diceva queste cose svelta svelta, buttando lí tutti quei nomi di posti lontani un po' con l'aria di vantarsene
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loro come gli occhi presero un'aria stupefatta. Fu allora che lei si rese conto di aver fatto un gravissimo sbaglio. Lo spiego dopo, che sbaglio fosse
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, le lettere sarebbero arrivate. Ippolita fece un gesto con tutt'e due le mani, quasi per spingerci un po' piú in là. Come se le togliessimo l'aria
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farebbero a meno volentieri, ma siccome non c'era nessun altro... - Il labbro spinto in fuori adesso era anche piegato in giú e le dava un'aria
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sembrò che se ne accontentasse, almeno per il momento. Strano ma vero: non aveva l'aria di sospettare di me. Nessuno disse piú niente. L'auto filava. Tutto
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bicicletta, dopo il fatto dell'altra mattina (qui fece «ehm ehm» in gola, con aria discreta) ci aveva pensato lui a metterla sottochiave, tanto cammino la
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, altro che guardarci dentro, l'avevano addirittura buttata all'aria, cosí che poi si era dovuta rifare. Dopo queste due delusioni ci fu una pausa
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fondo, be', bisogna dire che lei non restava indietro. Con quella sua aria delicata, non era poi per niente una piaga o una pappamolla, anzi certe
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imbottito di spilli. Si doveva vedere che non ero per niente a mio agio, perché a un dato punto la zia di Ippolita mi guardò con l'aria di domandarsi cosa
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. Gli zii parlavano tra loro di gente noiosa che non conoscevo, con l'aria che non gliene importasse niente nemmeno a loro. Insomma, come se quei
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