Quell'estate al castello
aveva ripreso in mano la lettera. - Poi papà ha il lavoro, - aggiunse, mentre cominciava ad aprire la busta con un dito. - Tanti lavori molto
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tutti cominciano a sospettare e ad aver paura ma riescono ancora a comportarsi in modo piú o meno normale. Preciso cosí. Venne su Remigio. Messo al
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loro a farle sparire, forse non era nemmeno vero che fossero degli aguzzini e Ippolita loro prigioniera. E allora che cosa venivo ad essere io, per
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vista, a Parigi. (Difatti questo tale era uno che conoscevano da molto tempo.) Ad ogni modo ora venivano a fare un viaggetto nella Svizzera italiana
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contare che poteva prendere un malanno, con tutta l'umidità che c'era là sotto. Insomma, poco da dire, venivo proprio ad essere la sua salvatrice, tra
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fosse. Mi buttai al finestrino e tra i rami di un fitto d'alberi che senza dubbio era il parco vidi spuntare merli di mattoni, finestre ad arco, un
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il giorno dell'arrivo), mentre Ippolita era a lezione con la signorina Ricciarelli. Io mi ero messa in ingresso ad aspettare che finissero. Non ci
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sempre lí a pensare ai guai di famiglia di Ippolita e ad avercela con gli zii. Ci divertivamo insieme, eccome, nelle ore che lei aveva libere da compiti e
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volesse dire la lettera, oppure la zia. La zia ad ogni modo c'era. Era seduta in un angolo del sofà e pencolava col suo gran naso sulle carte del
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camera era un po' meno buia quando aprii di nuovo gli occhi. Cominciai ad aspettare che Ippolita passasse davanti alla mia porta. Ci eravamo messe
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