Pop art
. Attorno all’anno 1968. L’arte metropolitana e la sua cultura hanno conosciuto come un’eclisse, una violenta contestazione che partiva sia dal suo
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contorni, ogni velleità da parte dell’occhio di svolgere la sua funzione di distinguere un particolare dall’altro. Scintillanti e pacchiane queste
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di oggetti per la sua metodica ricreazione della realtà: su quegli oggetti tecnologici che fanno ormai parte dello scenario quotidiano come la
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Dall’incontro con Oldenburg la macchina è uscita sabotata e malconcia; la sua saldezza e funzione sono state barattate a favore di una vitalità
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’ora in avanti si ripresenterà nella sua opera con connotati diametralmente opposti. L’intermittenza e l’istantaneità prenderanno il posto della
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di gesti particolari, appresta poi qualcosa che prende assieme dalla plastica e dal teatro, capace di sorprendere e d’intrappolare a sua volta la
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’anonimo è il luogo della sua esplorazione. Ad esempio, dello sconosciuto a cavalcioni sulla bicicletta (Uomo in bicicletta, 1961) non conosciamo che la
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direttamente sul corpo umano. Si direbbe che la sua crescita sia piuttosto misurabile sul metro dello spazio. Coerentemente ancora con l’esplorazione dell
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rischiamo tutti un’assuefazione al fantastico. Delusorio ad un livello profondo, perché non raggiunge come dovrebbe per sua natura medesima tutto l
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mistificazioni al fuoco della propria vitalità («ci sto vivendo»). Invece di neutralizzare il luogo comune visivo, disinnestando la sua carica suggestiva, come
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conservato in qualche collezione pubblica o privata, e nemmeno la sua riproduzione fotografica tirata in migliaia di esemplari, anche se questa ultima
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dimostrata in tutta la sua portata. L’enfasi emotiva e fantastica, non giustificata dai procedimenti tecnici, non si rivela essere altro che una
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i suoi contenuti. Andy Warhol ha tratto una chiara conseguenza da questa trasformazione, e nella sua opera l’esperienza privata, con le idee connesse
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, comunque, non è un accidente esterno all’immagine meccanica, bensì una sua prerogativa. Sulla tela il profilo della star e il cadavere incastrato fra il
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Non di meno è sempre possibile accusare l’americano d’indulgere agli stessi errori della cultura consumistica. Sulla sua tela il cordoglio della
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da consacrare un anonimo ritratto a quell’uomo comune che occupa il centro, che pretende impersonale, della sua opera. Dietro questa pretesa è facile
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gusto, esorcizzando nel contempo la propria interna ossessione. Allo scopo di far perdere all’oggetto comune la sua grigia identità e di fargli
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réalistes ha posto il manifesto pubblicitario al centro della sua ricerca. Le affiches pubblicitarie, politiche oppure puramente informative, che
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massa. Un’immagine su cui più volte è ritornato è la scatola, il packing che riveste ogni prodotto di largo consumo; e la sua indagine mira a
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la sua formazione.
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intreccia così un fitto dialogo a più voci fra la vita reale e la sua duplicazione speculare, fra la realtà e la sua illusione, fra la vita e le diverse
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rappresentato da Domenico Gnoli, ma il suo feticismo, la sua ossessione dei particolari di oggetti di una commedia borghese non appartiene alla Pop
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Un artista come Cesare Tacchi con la sua cronaca piccolo borghese sembra limitarsi ancora alla pura superficie, e, invece, impiegando una tecnica più
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rispecchiare quella dell’uomo stesso e della sua convivenza storica minacciata. Il primo connubio avviene infatti fra il gesto del pittore e l’oggetto
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così integrata ad un ideale di forma impersonale. Al contrario Marcel Duchamp impiega il singolo oggetto, sovente rispettato nella sua squallida
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fondo, giacché il presente è per sua natura labile e non risolto tanto da sollecitare con maggiore pertinenza una compromissione, un movimento della
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della sua libertà, della sua freschezza e creatività. Assumere alla lettera può non rivelarsi infeconda tautologia, come impiegare il luogo comune
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tutto ciò che incontriamo oggi è in un certo senso ovvio, prossimo e familiare, non sarà a sua volta anche sconosciuto e complesso, insomma non visto
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tavola nella sua testuale banalità e poi si destreggia accortamente al fine di allacciare un tipo di relazione fra i colori e l’oggetto, oppure l’impronta
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interferire con la ricerca teatrale. Il teatro possiede grossi mezzi per tradurre una simile intenzione: lo spettacolo nella sua massima forzatura non
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il foltissimo mondo reale. Secondo la sua definizione stupenda: «La pittura è in relazione sia con l’arte che con la vita. Né l’una né l’altra si
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la sua ininterrotta prossimità: contro questo ostacolo è apparecchiata la mise en scène dello scultore. Il fumetto di Lichtenstein vale in quanto
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Attorno al 1961 Dine mette a punto la sua ricerca e vi si getta dentro con una ricchezza sparpagliata e non di meno mai dispersa, tanto che lo stesso
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, la sua identità e i rapporti che intrattiene con l’uomo (col pittore medesimo). Lontana dal possedere la realtà o anche solo dal penetrarvi, l’arte
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una presentazione e ricorda il fondale del palcoscenico che nella sua neutralità intenzionale funge da sfondo isolante. L’obiettivo è di togliere lo
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ci si può sbarazzare impunemente del mondo, per cui Dine l’oggetto se lo porta dietro, lo mette in mostra, ne fa la vera molla della sua ricerca. Se l
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questo non è affatto esaurito. Giacché il problema coinvolge sia l’oggetto in sé, sia la faccia che rivolge verso di noi: la sua stessa immagine
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intervenuta nella sua disposizione, ma anzi come la cosa ricade una volta che sia lasciata a se stessa. Quell’assillo presente nella cultura e nella sensibilità
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condurre la sua partita con la realtà dispone di buoni strumenti professionali, per cui, dopo avere isolato l’oggetto, ricorre alla pittura per
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una donna con quello di compilare la sua schedina segnaletica. Per la prima volta il ricalco fa la sua comparsa in Dine in certi particolari di Cinque
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interrogativo concettuale, favorisce, si direbbe, la creazione estetica. Poiché dallo scacco nasce l’arbitrio e la sua ricchezza adulterata; se la stessa copia
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Sempre più palesemente Dine introduce nella sua opera lo spessore dei suoi personalissimi umori, si abbandona a fare dei commenti attorno allo stato
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densità di personaggi: si esibiscono, si scambiano le parti; l’oggetto muta la sua dura pelle nella pelle lineare e tinteggiata della sua figura
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Prima di rappresentare eventualmente un’apologia o una denigrazione, la sua opera è una ricreazione orientata in senso realistico del mondo enfatico
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e nel mettere da parte simile nozione fastidiosa. Ecco che nella sua automobile in materie plastiche e nei suoi telefoni moltiplica gli aspetti
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La cenestesia, che sta alla base della sua sensibilità, gli permette un continuo passaggio nella scala delle sensazioni; l’ottico si muta i; tattile
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sua fase d’incubazione a Londra, dove si è rivelato notevole pure il contributo di riflessione teorica, e la sua fase di precipitazione e di più acuta
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della periferia — reale o metaforica — nei suoi confronti si configura anche come un’insurrezione politica. Ma nella sua impazienza e nella sua
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politica, la verifica concreta dell’impossibilità di una sua realizzazione, che ha messo in scacco definitivo l’avanguardia ponendo termine alla sua
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la sua comparsa clamorosa. Ciò ha avuto inizio a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, e da questa data, termini quali Neo-Dada e Pop Art
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