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vedere con indifferenza ostentata e il nostro sguardo, invece di smuoverla di un centimetro o di riuscire a farcela complice, mantiene ed anzi
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avvenuta, azioni e figure familiari ci verranno restituite in vesti estranee; il mondo quotidiano, ciò che siamo abituati ad incontrare nel raggio del nostro
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nel celebre racconto di Edgar A. Poe, fa velo al nostro sguardo, e al pari gli si sottrae per la scena che pone innanzi, amorfa, continua, che non
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apprestato è pronta a funzionare, a far saltare il quadro delle abitudini percettive, rovesciando contro il nostro campo focale con l’immediatezza di un
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nostro sguardo ha ormai inghiottito milioni d’istantanee e di fotogrammi; si è assuefatto a questo linguaggio che procede per rotture e per accelerazioni
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rimboccati sotto il ginocchio. Di questo omaccione corpulento sappiamo solo quanto riempie il nostro campo visivo, ed ogni tratto interno, un tempo riserva
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doppiamente ingannevole. Chimerico perché si fonda sul più sconcertante meraviglioso, quello che occupa in permanenza il nostro orizzonte percettivo, così che
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giornata, al mattino sul nostro giornale, e poi nella subway o in ufficio sul giornale del vicino o del collega, e la sera infine nel notiziario televisivo
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Tinguely coglie la realtà del nostro mondo nel suo aspetto di frenetico movimento e di spreco di energie, che giunge ad usurare l’oggetto
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unificare. Ma evidentemente Bacon e lo stesso Paolozzi rientrano solo nella tangenza del nostro discorso: schiudono una strada, che toccherà ad altri
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spiacevole ma obbligata nel nostro presente.
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iniziale, sebbene poi il termine Pop Art mostri la tendenza ad assorbirlo, a nostro giudizio senza una vera giustificazione, se non per il fatto che segna
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con ciò che può essere ed è il nostro presente, tagliando la strada a questa colma ricchezza, dopo che l’astrazione e l’ideologia ce ne avevano troppo
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’universo artificiale occupa il nostro campo visivo, si stampa in esso, potremmo precisare, è una diversa e forse più esatta maniera di formulare lo
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figura non interviene nessuna mediazione od intervallo psicologico e nemmeno propriamente fisico, giacché il messaggio occupa di forza il nostro
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Sembra non esistere più una comunicazione e un’esperienza unica e privilegiata, ma sempre scambiabile e quantitativa. Puntualmente nel nostro ambito
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le cose, sfuggendo al nostro dominio, escono dal cerchio abitudinario e confortante che abbiamo a fatica loro imposto. In Doccia verde (1961), ad
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del nostro secolo — lo rintracciamo già in Luigi Pirandello — di come fare per cogliere le cose al di fuori della cerchia dell’uomo e della sua
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rullo resta immobile; i rubinetti del lavabo si afflosciano. Presi come in contropiede, smarriamo il nostro certo dominio sull’utensile e, non sapendo
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stato definito alquanto impropriamente la seconda avanguardia o la neo-avanguardia, rispetto all’avanguardia storica dei primi tre decenni del nostro
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spaesati e duplicati, lo siamo «naturalmente», ovviamente. Anche questa trasformazione segna la fine-del-moderno ed il nostro ingresso nell’odierno
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