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del gelato gigantesco di tutti i sogni della golosa infanzia; e non guardano più alla decenza, all’estetica delle buone maniere, con cui ci sforziamo di
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sellino, il pedale su cui poggia la gamba destra e il suolo su cui sosta la sinistra distesa in tutta la sua lunghezza, le mezze maniche e i calzoni
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dalla situazione in cui si trovano impigliate, come dagli oggetti dozzinali che si trovano a portata di mano. È una scoperta questa che getta molta
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realismo è soprattutto un’attitudine; non consiste nella copia del vero bensì nel modo con cui si entra in rapporto col mondo. È proprio questo il tipo di
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La grande tela diventa così lo schermo materiale su cui proiettare e lasciare che si espanda uno stato totale della coscienza, che è un fenomeno
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a misura proprio delle difficoltà cui va incontro; e gli strumenti di cui dispone il pittore sono quelli dell’analogia e del contrasto, dettati dalla
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traduce in una sorta di indagine empirica e critica (l’unica libertà di cui si vale è quella critica), e la grande modernità di Lichtenstein consiste
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potenzialmente significativo dal punto di vista della forma. Lo spazio del quadro viene trattato come un campo sperimentale, su cui proiettare il
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plastica (Tacchino), non solo sono immagini raccolte e statiche, ma in modo maggiormente risolvente per il risultato formale, sono immagini il cui
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schema operativo bipolare ormai classico nello sperimentalismo del Novecento: l’assunzione spaesamento di un elemento empirico a cui si arriva a
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Non passa giorno in cui i fatti diversi dell’attualità, i prodotti di consumo e i loro costrittivi ideali non abbiano guadagnato terreno a scapito
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le qualità stesse dell'immagine meccanica e il trattamento a cui viene sottoposta dai mass media. Più precisamente, lo spazio neutro della tela gli
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, acido con cui aggredisce la sequenza della sedia elettrica; nel suo accanimento su un repertorio di morte in una società che ha tentato di sublimare
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Il gesto di riscatto soggettivo, della Pittura d’azione, su cui premevano energie congestionate, riversandosi, si è ora congelato in un comportamento
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eccitabilità, come della distrazione, su cui punta la mitologia consumatrice, Warhol gioca tutte le sue carte sull’impassibilità del documento, sulla
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smaliziato candore, l’invenzione del nudo femminile da cartellone pubblicitario, il divertimento con cui mescola oggetti reali e parti dipinte sfruttando l
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modo di formare le immagini e di vedere il mondo, a cui si accompagna l’impegno costante rivolto al riscatto estetico della banalità.
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reciproche: la macchina si fa antropomorfa proprio nella misura in cui l’uomo si trasforma in una macchina. La «métamatic» di Tinguely, al di là e al di
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; coerentemente lo scultore conduce questa dispersione di energia fino al punto in cui essa intacca, distrugge l’oggetto medesi mo. L’inutilità come la
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massa. Un’immagine su cui più volte è ritornato è la scatola, il packing che riveste ogni prodotto di largo consumo; e la sua indagine mira a
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Laddove in Kitaj il gioco delle molteplici metamorfosi a cui vengono sottoposte le immagini, presenta un accento intellettuale, in Alien Jones lo
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ancora dentro il tempo che operano tanto la fatalità e il caso quanto la libertà dell’uomo. Il montaggio praticato dall’artista, in cui il valore non è
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sequenze la stessa immagine, di cui varia all’interno solo la stilizzazione del negativo e del positivo, Gerd Richter rielabora le fonti fotografiche
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Jannis Kounellis, greco di origine ma operante a Roma, inizia il suo complesso itinerario con vaste superfici su cui vengono impresse lettere, segni
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In tutt’altra area ci conduce il lavoro di Enrico Baj e di Valerio Adami, a cui possiamo accostare la pittura di Concetto Pozzati e di Emilio Tadini
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. Ma a questo punto si abbandonano le prospettive degli anni Sessanta per volgersi risolutamente verso le diverse prospettive degli anni Settanta, cui
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Il suo significato ultimo si trova diviso fra l’altezza dell’espansione conseguita dalle energie interne dell’individuo, lo splendore delle opere cui
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nulla che è l’io, non si opponesse più all’irruzione del mondo, perché il gesto potesse riunire una grande quantità di dati sopra un universo cui in
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assestato, in cui l’indagine ontologica assume la leggerezza di un paradosso, egli si propone di mettere in scacco le nostre idee (pregiudizi) di ciò che sia
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nella misura con cui s’intende indicare con essa un momento dell’arte americana e una convergenza sull’oggetto e sul Dadaismo storico, piuttosto che una
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presente quale tempo ritrovato, passato che interseca il momento attuale, i cui battiti fanno da pernio allo spiegamento del ricordo. In Charlene (1954
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La struttura dell’opera, come quel presente con cui aspira ad identificarsi, non ha centro: l’ordine è sempre il risultato di una selezione e come
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cui aderiamo all’apparenza dell’oggetto, sbarazzandoci del grigiore della familiarità e della crosta dei significati sovrapposti. Non ci troviamo più
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’Espressionismo astratto cui fa ora più aperto ricorso, risulta adoperata in modo impersonale. Nelle composizioni dove introduce un certo numero di figure provvede
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verso quello della realtà per poi riportarlo immediatamente indietro: e la sedia di Pilgrim (1960), su cui ci siamo seduti nell’atelier, scopriamo che
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vicina alla totalità propriamente linguistica dei tabelloni di lettere e di cifre di Johns, da cui in un secondo tempo viene estratto il numero
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dei gesti componenti la vita quotidiana, ciò accade perché la stessa vita reale è stata ridotta a quantità. Le foto prima e poi il cinema, a cui si è
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brutale. Con tali strumenti linguistici provvede a rifare l’immagine e l’oggetto prescelti; il rifacimento in cui consiste l’operazione centrale degli
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d’esperienza si opera un capovolgimento istantaneo per cui, adoperando un utensile o leggendo un’immagine, mentre facciamo una esperienza personale
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comuni ricostruiti, penetrati di consapevolezza, dove sono poste innanzi le modalità strutturali con cui viene elaborata la realtà artificiale e con cui
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Se oggi l’uomo è definito dal modo con cui consuma, ed a ciò è ridotto il suo comportamento, questi artisti suggeriscono un nuovo tipo di consumo ed
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alla serie da cui è stato prelevato, col risultato di mettere in circolazione oggetti ed immagini che, attraverso l’intervento dell’artista hanno
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ci si può sbarazzare impunemente del mondo, per cui Dine l’oggetto se lo porta dietro, lo mette in mostra, ne fa la vera molla della sua ricerca. Se l
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rappresenta solo il versante offerto ai nostri occhi, qualcosa alla cui elaborazione prende unicamente parte la nostra personale volontà di orientamento e di
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condurre la sua partita con la realtà dispone di buoni strumenti professionali, per cui, dopo avere isolato l’oggetto, ricorre alla pittura per
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paradossale in cui gli oggetti e le immagini vengono a trovarsi sulla tela, come attorno alla grande libertà, ma anche debolezza, che possiede l’arte
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guarda con nostalgia alla felicità sgombra di Matisse e del postimpressionismo, ma alla fine la visione s’intorbida. La pittura non basta a Dine, il cui
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frigidaire. Intanto è un’avanguardia ultima e possiede di ogni ripresa i caratteri ripetitivi e consapevoli. Nell’oscillazione pendolare in cui si è
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media industriali, ma spingendo simile parallelismo sino alla fase della circolazione, adoperando gli stessi standard quantitativi con cui i media di
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noi ad un sospetto d’inutilità se non d’impotenza? Con tutta evidenza simile parallelismo crea la distanza in cui si situa l’immagine o l’oggetto
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