Piccolo mondo antico
disordinata di cose o di persone. ADUNCO (naso): torto in punta. AGAVI: piante a grosse foglie lunghe, carnose, con i margini spinosi e con fibre tessili
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cometa, erano in cammino. Correvano nelle viscere del mondo antico fremiti e scricchiolii sordi, come nelle viscere d'un fiume gelato alla vigilia dello
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Franco, appena ricevuto il telegramma, corse all'ufficio dell'Opinione in via della Rocca. Dina, vedendolo torbido, gli disse: "Oh! Lo avete saputo
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cenno del capo e una strizzatina d'occhi così eloquente che il Carlascia, vociato su per le scale "Peppina! Caffè!" fece passare il Commissario in
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L'ingegnere in capo non si accorse di nulla, e due giorni dopo, spirata la sua licenza, se n'andò via in barca, pacifico nel suo soprabitone grigio
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dormiva in un'altra camera perché al Controllore, ella lo chiamava umilmente così, dava noia il suo russare. "El ga reson", diceva la povera sorda, "l'è
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terrazza gittata su pilastri che inquadrano un pezzo di sagrato. Entra in quella fronte una piccola darsena dove allora si dondolava, fra lo
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in salotto, sulla poltrona che non aveva più potuto lasciare dopo la notte del matrimonio. L'avevano poi adagiata sul divano disposto a letto funebre
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Nelle prime ore pomeridiane del 27 settembre Luisa ritornava da Porlezza con alcune carte da copiare per il notaio. In quel tempo gli scogli fra San
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Tre giorni dopo, alle cinque della mattina, in Milano, il professore Gilardoni usciva, inferraiuolato fino agli occhi, dall'Albergo degli Angeli
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incatenate, mostravano qua e là, sino all'opposta sponda austera del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si vedeva un
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Quella stessa sera, alle dieci in punto. l'ingegnere Ribera batteva due colpi discreti alla porta del signor Giacomo Puttini in Albogasio Superiore
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, gustarne il sapore. Quando fu in camera la collera gli svampò. Si gittò in una poltrona, in faccia alla finestra spalancata, guardando il lago triste
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necessaria. Beniamino ereditò un discreto gruzzoletto e ciò fece andare in bestia don Franco che lo tenne responsabile dell'ipocrisia paterna, gli voltò le
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Otto mesi dopo, nel settembre del 1855, Franco abitava una misera soffitta a Torino, in via Barbaroux. Aveva ottenuto nel febbraio un posto di
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Alle due e mezzo dopo la mezzanotte, Franco, l'avvocato V. e il loro amico Pedraglio erano seduti in loggia, al buio, in silenzio. A un tratto
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sorda. Ma il disegno gli fallì perché sua moglie non poté stare alle mosse e corse al "Palazz" a giustificarsi. Ella trovò don Giuseppe e la Maria in uno
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tepido sole. Non v'era neve che sul Bisgnago e sulla Galbiga. Maria trovò una viola presso il cimitero e un'altra la trovò in fondo alla Calcinera. Lì
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cappuccio di sua moglie in mano e la Cia, la vecchia governante, col cappello in testa e le mani nel manicotto, andava brontolando al suo padrone
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partir sola. La Cia era in grande angoscia, e avea pregato Luisa di insistere sapendo ch'egli era stato côlto, il giorno venti, da forti vertigini e che
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riluttante anche lui come un pecorone. Venne il curato di Cima, devoto alla marchesa, venne il prefetto della Caravina, tutto, in cuor suo, per
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scura come se qualche cosa in lui le fosse straniero e ripugnante. Spesso Franco la sgridava con ira e Maria piangeva, lo fissava attraverso le lagrime
Accademia della crusca
