Personaggi e vicende dell'arte moderna
tanto il punto di partenza più remoto (da una avanguardia storica, anziché da quella dei Pollock, dei De Kooning, dei de Staél, dei Fautrier, dei Wols
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di artisti veramente provinciali alla fine dell’800, pervenuti a Parigi dai vari Paesi; e se ne possono annoverare alcuni. Boldini e De Nittis, per
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. E che dire de «La notte» (1890) nei confronti del medesimo motivo in acquaforte «Chiaro di luna» (1895)? Perfino le fastidiose striscie a sciarpa, che
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E che dire di quel trepido, favolistico viaggiatore tra vene di foglie e diagrammi d’acque, di Luciano De Vita, capace di guardare una goccia o una
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, Picasso, Severini, Moore, De Chirico. Ma se per questi altri il viaggio a Parigi fu la scoperta di tutta la pittura, l’inserimento al più alto gradino di
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una grandiosa mostra retrospettiva di Nicolas de Staël, il pittore astrattista di origine russa formatosi alla scuola di Parigi, passato negli ultimi
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sottolineato anche Crispolti, una suggestione metafisica, ereditata da De Chirico — specie nei due dipinti di biscotti-lapidi, assai belli — sovente il
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Ma diciamo subito che de Staël non è un artista folgorante, dell’apertura e del temperamento di un Pollock o di un Wols, e che nella triade De
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Letteratura ed apologetica di ogni entusiasmo e interesse in questo lustro han fatto di de Staël un mito e sono ormai così accreditate, che noi
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È chiaro che de Staël ebbe un temperamento più ricco e veemente di quello di tanti altri suoi coetanei notissimi, ma è altrettanto vero che questo
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Lando Landini aveva colto nel segno quando nel suo bel saggio su «Paragone» scrisse che lo sviluppo dell’arte di de Staël era una «avanzata a tentoni
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Noi non siamo fra quelli che vedono la fine anche fisica di de Staël come una conseguenza irreparabile di un «fallimento» di pittore di avanguardia
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Tuttavia la questione delle ragioni del figurativo nell’ultima parte della vita di de Staël è importante: il fatto più chiaro che emerge in questi
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. Singolarità e valore massimo dell’impegno di de Staël in questo periodo è una ricerca di assoluti: la via più essenziale e insieme la più semplice e la più
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, questo fu il problema di de Stael, fino alla ossessione) nella Composizione in grigio del 1950.
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In queste opere che abbiamo voluto esaminare più da vicino, noi notiamo uno dei momenti più felici ed alti dell’arte di de Staél, questo tendere ad
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Questo inventar di nuovo stili preesistenti è stato uno degli impegni più fissi e disperati di de Staël; e ne facciamo ora un inventario, a
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ritrovare il tono timbrico dei Fauves anche nei paesaggi italiani di de Staël, in quella infuocata luce che fa i cieli neri o rossi, che fonde aria e
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Chagall; i nostri Tosi e de Pisis con i Maestri francesi fine secolo, il nostro Futurismo con i cubisti analitici e sintetici. In un panorama così ampio e
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Le scoperte di Fautrier, legate a quelle della generazione successiva a Picasso, degli astrattisti non manieristi, cioè ai Pollock, ai Wols, ai De
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colleghi pittori astrattisti del medesimo livello e della medesima «angoscia»: Wols, Pollock, de Staël, del periodo non figurativo, Fautrier
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neri e azzurri de «Il corvo») e c’è anche un pizzico di Sutherland; ma questa è una fase troppo aperta, troppo di assaggio, anche se nobilissimo, cui la
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Da quando Filippo De Pisis, malatissimo, fu ricoverato in una clinica, gli amici di lui non pensavano certo che il pittore sarebbe a lungo
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Ora che De Pisis è morto la notizia della sua scomparsa non ci giunge, però, meno triste: perché un pittore che muore desta sempre una forte emozione
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pienezza anche nelle tele più rarefatte, stanno sempre a indicare in De Pisis la sua stupefacente dote di disegnatore. E pare un paradosso in un artista
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rilievo, De Pisis dipingeva come se respirasse, come se parlasse, ma tutta la gravezza della cronaca, diciamo pure la stoltezza della sua vita di
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De Pisis era un signore distinto, quadrato, dal viso energico; pareva un sud-americano, quando stava seduto al sole, colla testa in su a guardare in
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faceva Dufy; soltanto, si sarebbe detto, la cornice di questa festa; perché la natura di De Pisis è sempre stata lirica, evasiva, di chi si accorge con
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Parigi e di Venezia, capace — diceva De Pisis — perfino di mentire. E quando Cocò fu ucciso, sembra, da uno dei giovinastri dei quali il pittore era amico
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Dove non era stato De Pisis! E come riusciva nel suo insaziato viaggiare a rimaner sempre dentro il suo mondo, a tingere monumenti, fiumi, piazze
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nostra e la amoralità di De Pisis c’è di mezzo almeno una guerra, si deve però aggiungere che anche la amoralità di De Pisis è un fatto positivo per lo
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Espressionisti, Ensor e Galantara, De Carolis e Gauguin, provincialismi e «ismi» di estrema intelligenza, si alternarono, si scontrarono, si fusero nella sua
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tutta italiana: è ciò che accade, con maggiore unità stilistica e prestigio a Modigliani, ciò che accadrà al De Chirico metafisico.
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Quanto poi al suo variegatissimo espressionismo, dal tipo «lineare» (come nel quadro bellissimo de «La mezzana») a quello più sanguigno (toni
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rottura (come in Wols, o in Pollock, o in Fautrier, o in De Kooning, tutti artisti della generazione di Mafai, all’incirca) questo pittore che espone alla
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L’avvenimento più importante nel campo artistico a Roma quest’anno è senza dubbio la «personale» di Raphael Mafai alla Galleria de «Lo Zodiaco»: e
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compianto De Luca, è una lunga confessione dello stesso artista attraverso la quale si avverte quanto scontati fossero per lui i discorsi pure illuminati di
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lombardo nel contenuto, non nella forma: e così, se guardiamo un poco più indietro, a De Pisis, vi ritroviamo estrosità ed effervescenze dei Veneti del
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di Manet e un pizzico di Toulouse Lautrec, qualche segno di Boldini e di De Nittis, agitino il tutto dentro una tela di spontaneità, in Italia
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De Chirico metafisici, nel 1920 allestì le grandi mostre di Boccioni e Modigliani alla esposizione internazionale di Ginevra, nel 1922 fu a contatto
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, De Staél figurativo, e perfino un certo Pollock, in talune semantiche surrealisteggiate di patetico, e in certe altre dalla pennellata più fisicamente
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fuoco di Scipione; e pure in quel fluire di oggetti de «Il pane di Parigi» (1931), in quel chiaroscurare in una morbosità tenera, responsabile, del «Nudo
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che si avverti; che la reazione a un’arte fuori del mondo, di evasione, quale fu quella più alta del Novecento (da Morandi a Carrà, da De Pisis a
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a quell’epoca appariva all’orizzonte la generazione dell’antinovecento, ma piuttosto perché i Carrà, i De Pisis, i Morandi non si erano esauriti a
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quanto poterono senza però rinnovarsi in radice, a causa del loro insopprimibile naturalismo (i De Nittis, i Boldini, gli Zandomeneghi) così operò una
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Anche il più piccolo e tenero dipinto de «Il bambino perduto», che si riallaccia stranamente a un tipo di «surrealismo» e di espressionismo classico
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triste iride, inzuppata di freddo e di pioggia, dai giulivi, emblematici tricolori de fauves!
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Noi siamo sostanzialmente d’accordo con Mario De Micheli che presenta in questi giorni una scelta di opere recenti di Gianni Dova alla galleria «La
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Eccoci dunque alla mostra de «La Nuova Pesa». Diremmo una bugia se scrivessimo che il pittore si distanzia molto dal clima pittorico perseguito alla
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figurazioni più sconvolgenti e originali della Biennale. Wolsiano è invece il grafico Luciano De Vita, manieristico Renato Volpini, mentre Giustino Vaglieri
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