Penombre
di fior. Un serto facciamogli del nostro pensiero, ma casto, ma placido, ma bello e leggero; ci basti il suo bacio per leggere i fati, per viver beati
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, ma non amo la musica di chiesa. Ah per l'uom sventurato appeso ai chiodi, quel rimbombo di lodi al barbaro che in ciel tranquillamente dalla sua gente
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... Ma un canto ecco s'innalza, e un uomo, al muro brancicando, arriva. - Chi è, chi non è ? Oh povero me!... Il prete lo giura, ma nulla io ne so: chi
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cammin. Amica vo' dirti la nenia segreta, vo' dirti il colloquio che agli astri volò; fur molte, fur vaghe le idee del poeta, ma questa, o mia bella, sol
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bella amica, ma con gioia pudica; e non baciarti, e tener gli occhi chiusi, sol nei profumi assorto, per le tue membra candide diffusi. Che nebbia
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dispersi carezze che ricordar non so. Ma non mi infanghi il plauso dell'ebete orgoglioso che urtai, fra gonne e calici, nel suo cammin famoso; se nei
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. E in mezzo ai santi, candido di fedi e di speranze il giglio fui; foglia a foglia mi han l'anima spartita... Ma una perla trovâr fra le mie spoglie
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cercai del mondo; ma l'empia ressa dei calci fraterni turbava il fondo, e, poiché il fango sal come la nube, come l'incenso e la prece devota, sul
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piangetene con me! - Perchè vi fate, o fossili, scimmie di Geremia? è vero, adesso il tempio sembra una trattoria; ma eguali ognor non furono i preti ai tempi
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sepoltura; però, a smarrirli, partirò da Noli a notte oscura, poiché sepolti son, ma non son morti quando la coltre non sorride al sonno, tornano
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, tu mormori il nome della meta; tu di Corani e Bibbie sdegni la inutil scola, tu parli la parola del bello e dell'amor. Ma vedi? è solitaria, vana la
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bottino). Intirizzisco se schiudono l'uscio, ma qui la stufa borbotta tepente: oh benedetto il mio piccolo guscio, per me, nevata, sei tutta
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qualche volta piango: giacché più del mio pallido demone, odio il minio e la maschera al pensiero, giacchè canto una misera canzone, ma canto il vero
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di giornate regali il don mi offria. Un giovin Sire senza scettro d'oro, ma cui nutrian d'aromi e terra e cielo, e una corte di sogni e di speranze
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, ché, a parlar schietto, l'infreddatura mi fa paura! Ma il raggio blando di quando in quando alla finestra - tu mi balestra: mi udrai sognare e
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, anch'esso è buono! Ma lascia al fango e all'odio il mondo triste e gli uomini perversi; e se sospiri ancor sante conquiste di santi versi, deh, ripulisci
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guardar - E già mi avventavo... Ma il nume rispose - Un solo fra tanti, fra tutti. . . a che pro ? Pei versi e l'oceano, pel turbo e le rose, poeta, il
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sul profumato petto come una stola. Io sospirava: - Tu porrai sovr'essa molte maschere ancor, ma è tempo perso: la malizia dell'uomo è profetessa, passa
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villagio ci travolse colla nostra ilarità. E le madri rampognarono i ragazzi scapestrati!... Ma a un bel fuoco i piccioletti piedi e gli abiti asciugati
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; chi sente, al mar dei secoli curvato, l'avvenir ricongiungersi al passato; chi abbandona, oltre il mondo, il crocefisso, non entra in chiesa, ma ti
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convento, ma per poco, la scarna, vi vivrà; le innalzeranno in chiesa un monumento, ove il Priore a ridere verrà. Immemore così del calendario, starò in riva
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padre; ma le materne lagrime non prevedeva Iddio? Oh lo spietato oblìo che domina nel cielo! Nel cielo ?...Arpìa, silenzio! Ci può la madre udire: la
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sante gioie, o speranze divine! Che ce ne resta, o mia donna, a quest'ora? Ma non è tutto, non è tutto spine l'oggi, se, uniti, sussurriamo ancora: o
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faccia di una donna onesta! Ma, seguendo il suo strascico di seta, il mio cor sospirava: - O bella creta, va', domanda alla Venere di Milo la lista dei
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bosco di piante sfrondate; essi volano via, ma, dai profondi tumuli del chiostro, cui più nessun non spia, escono, forse a bever raggi e venti, le
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maturo, parlava dei baffi di un capo-tamburo. Ma, l'ultimo bacio, coll'ultima tazza, versato sul crine di un'ebra ragazza, io stavo cogli occhi rivolti
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, ad una ad una, le pescheremo per cercar fortuna. Pietà per l'uom che pescherà la mia!... É una scarna che chiamano poesia; la è bella, e buona, ma la
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soavi faccie di giovinette innamorate, ma le tue rughe, no, non le ho scordate! Quand'io tornava a sera,e il vecchierello parlava al suo breviario, tu
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fatal che la rinserra non sorgerà mai più: prole di ignoti profanò la casa che fu sua casa, e nostro tempio fu. Ma non tutto esulò nel cataletto l'idolo
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e di cambiale, ma in nuovi cieli immersi fischiano i versi - in cattedra e in piviale! Tre di costor che fanno il gaio viso alla baldoria, e a cui
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buoni spiriti qualche preghiera nuova, e il vecchio giogo smova che ceppo al bardo fu... Pregate - il bardo sanguina, ma, se nell'alto sale, dalla
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belle donne, o poveri fanciulli? Ma gli è dono degli angeli svanire, e l'infrangersi appunto è dei trastulli. Non credete che il suo corpo divino sia
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l'etere, vuoto miraggio ma parla, e cantami nel tuo linguaggio: anch'io, mio bambolo, anch'io, vedrai or fra le nuvole non guardo mai. Volin le nuvole
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poverello; d'un che assetato vuol lasciare all'oasi il suo fardello; ma, come al cenno di un amante antico, l'uom dell'esiglio, il chèrubo, il profeta, il
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l'amai! Ma le trombe di Gerico tacquero una mattina: sparve dal ciel degli angeli la tinta porporina, e innanzi a un muro orribile torvo piantossi e