Penombre
, brilli il sereno! Dacchè, cullandoti su questo seno, vi scende il gaudio dal paradiso, più non interrogo che il tuo bel viso! Quel viso candido coi capei
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, parlava del molto concesso nel poco; ed Emma, una bruna dall'occhio profondo, parlava dei bimbi che vengono al mondo; e Nina, una fragile dal senno
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rondinella dal vicin fenile gli risponde col trillo spensierato; di teste bionde e di canto infantile echeggia e splende il lucido selciato. Passano
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intingolo, ti fai bollente del mio cranio al foco? Ah, solitario se tu lavori, se non t'aiutano i miei dolori; se cacci l'anima dal suo canile, come dal
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, attonito, perplesso, parmi di aver lì appresso il volto aguzzo e smunto, e l'alito di un monaco defunto che, scappato dal freddo monumento, sfiorandomi col
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Tacea da quattro aprili il nidicciuolo dove, fanciullo, il volo delle garrule rondini mia madre insegnommi ad amare. Nel sessantuno ritornò dal mare
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rive dilette, le vette - le strette battute dal cor? Lo spettro novissimo spalanca la bocca; fratello, raccontami se il vaso trabocca; la tomba è una
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splendor dell'arca, e già all'idolo d'or torna l'umano, e dal vertice sacro il patriarca s'attende invano; s'attende invano dalla musa bianca che
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l'amai! Ma le trombe di Gerico tacquero una mattina: sparve dal ciel degli angeli la tinta porporina, e innanzi a un muro orribile torvo piantossi e
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Suonano a esequie, un feretro s'avvia, un prete è in allegria. O mio canestro di olezzanti fiori, tavolozza di forme e di colori, o stelle che dal
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silenzio d'ignota casetta!. . . Sia piena di rondini, dal mondo difesa, sia bianca e sospesa fra il ciel ed il mar!
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noto agli usignuoli condur ti voglio. Ti innonderò di mammole il lettuccio ai dì di primavera; e leverò, se vuoi, dal suo cantuccio la croce nera
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imbalsamati che all'ospedal dal medico a lungo corteggiati, e agli abbietti cadaveri rapiti ed alla croce, la scienza feroce ai posteri serbò; fra il
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paternostro e l'ave, culle derise e sucide di coscienze ignave? Tra i fili del telegrafo, col fischio del vapore, ti sparvero dal cuore l'ostia e il
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: un grazie al macchinista dal petto esalerò. Venga il gennaio, il placido mese di pioggie e nevi, venga, ed io chiuda il guscio: oh giorni inerti e
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alla mia musa altera: deh, la preghiera aspettata per schiudermi il sorriso del paradiso dal tuo mistico labbro il vol dispieghi, se v'ha nume che
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ricordi i progetti inargentati dal vago argento che maschera il vero? Chi, chi di noi più puri e più beati? Tu prevedevi un serto alle mie chiome, io
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scongiuro, per la madre mia! Chi è là che stappa ?... Dio lo salvi dal Limbo e dalla Trappa! Giù come fiume per allegra valle, giù come treccie per
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alla sua gonna, come si attacca un fior, e della sua celeste anima d'ava farne rugiada benedetta ancor! Ella è discesa nella fredda terra, e dal buio
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polvere i droghieri. Oh tre ne voglio de' miei vecchi amici dal pazzo umore! Di quelli che son lieti od infelici secondo l'ore, che non parlan di moda
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lo venian dal placido suo tempio a scongiurare le dee della famiglia, le sue dilette glorie, cinte di pie memorie, belle di noti fior... Tacque, partì
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dal cor salga alle chiome, prima che tutta la mia bionda aurora, m'abbia lasciato! Dammi per poco ancora la vaga aureola che han presa i disinganni; il
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castigo dal ciel tuonerò!". Giungemmo a un boschetto; qui il vecchio s'assise, tergendo affannato la polve e il sudor; mi stese la mano, di nuovo sorrise
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! ". Partì brancolando. Nel ciel porporino le pallide stelle svanivano già, e desta al sussurro di un gaio mattino dal sonno sorgeva la immensa città. Le