PROFUMO
?" "Laggiù, laggiù, in fondo alla Cava." Patrizio alzò la ventola per guardar meglio Eugenia. "Non ti senti bene?" le domandò. "C'è qualcosa nel suono
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Patrizio!" E un sentimento molto simile al vivo piacere di una vendetta le balenava nel cuore, al pensiero che anche la vecchia avrebbe appreso la
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Eugenia, Patrizio, sì, aveva sentito per un istante avvamparsi la fac- cia da una fiamma di rossore; e l'esclamazione: "Peccato!" sfuggita a Eugenia nel
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chino e occhi socchiusi. Patrizio non diceva nul- la. Guardava fisso, in fondo alla grotta, la lapide murata nel centro, contornata di rami di alloro e
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altro. Ed egli ricadeva su la seggiola con la desolazione nel cuore, per ricominciare da lì a poco, lusingato da nuova speranza ed egualmente deluso
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lontano del quale le eran rimasti nel cuore un ricordo e un rimpianto. Si sentiva oppressa da torpore strano, da stanchezza che la faceva andare a passi
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a sera avanzata. Si divertivano a veder lavorare la sarta che cuciva nel salottino il vestito di lutto di Eugenia; e lavoravano un po' anche loro
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suo marito. Oh, c'era un che di strano nel contegno di Patrizio! La parola vibrava insolitamente, il gesto scattava. Ma la colpa non era di lui? Chi
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sbraitava, minacciando con le braccia in alto, tirando sassi ai più impertinenti per impedire che mole- stassero i nidi di passerotti nel muro della
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una lieve puntura di gelosia al cuore; contenta e, nel tempo istesso, corrucciata che egli a- vesse mantenuto la sua parola, quasi le imponesse con
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questo tasto. Venga piuttosto, venga qualche volta nel nostro Casi- no di convegno. Giocheremo a briscola, a tressette, a tarocchi. Abbiamo un buon
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chino, tentando di spiegarsi da sè l'insolito invito, strappava distrattamen- te, nel passaggio, foglie d'arancio che metteva tra i denti e mordeva, per
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nel vivo masso. A ogni svoltata, enormi grotte trogloditiche spalancavano le nere bocche; su la soglia stavano fitte o sedute strane figure di contadini
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balbettando. "Da tre giorni, avevo notato qualcosa di nuovo nel suo conte- gno e non riuscivo a spiegarmelo. Se la guardavo, se le rivolgevo la parola
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guizzavano nel cervello e si estinguevano subito, per abbandonarlo alla ruota di tortu- ra che forse non si sarebbe arrestata più mai! Già ripensava alla
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magra, schiacciata ai lati, che col gran naso adunco pareva volesse spinger- si a scrutarla nel profondo petto, cominciava a divenirle un tantino
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allontani ogni giorno più. Te ne stai chiuso nel tuo maledetto ufficio, dimentico di me quasi tutta la giornata; ci vediamo a colazione, a desinare, quasi
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, nel- l'attimo, l'occasione, il pretesto per dirle quel che non gli era mai riescito di dire e che, gli soffocava il cuore e lo faceva soffrire e
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qualche settimana, invece, pareva che un pensiero fisso e tormentoso lo spingesse a fare rapide apparizioni in camera o nel salottino. "Ti occorre
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neppure in famiglia a quel che racconta papà. Canna d'India per tutti, anche per papà, già ammogliato e padre di due figliuole. Par vivo nel ritratto. E
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" riprese la signora Geltrude. "Per me è grande sforzo parlare e star a sentire." Un po' delusa nella sua curiosità, Benedetta, nel corridoio, disse a
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!" esclamò il dottore. "Per carità non toccargli questo tasto!" disse Ruggero che rideva. Giulia entrò saltellando nel salottino di Eugenia. "Come sono