POESIE
tremola ancor la luce dei fanali e l'Arno scorre sonnacchioso e grigio, l'acque melmose. Spicca dei colli ancor la massa oscura e San Miniato avvolto
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Come le rondinelle anno per anno tornano al nido che le vide implumi, così l'uomo nel giro dei suoi giorni torna e ritorna al pensier della culla. Ed
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suoni, ti sono un nome, ti son un dei tanti, come un altro sarebbe che per nome e per vista conoscessi. Io non sono per te «io», la mia vita, io, questa
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la polvere degli avi e i propositi dei savi rompi e l'ombra delle chiese. Ed il pavido borghese che nell'essa porta il gelo dell'inverno trapassato e
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largo volo dei falchi ... Vita?! Vita?! qui l'erbe, qui la terra, qui il vento, qui gl'insetti, qui gli uccelli, e pur fra questi sente vede gode sta
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verso la scogliera mi spingono a rovina senza scampo. Ch'io debba naufragar senza lottare fra la miseria dei battuti scogli, presso al porto esecrato
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quando m'innalza la lode e quando sfacciata mi sento la forza dei giovani anni il cor mio tace o fanciulla un superbo infinito silenzio. Pasqua 1907
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rasserena nella pacata luce, e la pena passata e il lungo tedio dei giorni grigi oblia: ché solo a gioco s'era offuscata: ed or con nuovo gioco si
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scintillare traggan le lunghe dita pel sereno che al piano oscuro ed ai profili neri degli alberi dei monti si congiungono. Ma nel cielo e nel piano, ma
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mare Itti e Senia si risvegliaro dei mortali a vivere la morte. Fra le grigie lagune palustri al vario trasmutar senza riposo al faticare sordo