Narco degli Alidosi
dall'alto del castello e del cavallo quando andava e tornava da cacce o battaglie, o dal seggio da dove salutava i sudditi che, due volte al mese, gli
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mastro Eudaveo, il fabbro, di forgiare un elmo nuovo al signore: un elmo tutto chiuso, con una fessura per gli occhi da cui solo la luce passava, e che
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giardino in cui cupo passeggiava, o nel chiuso delle sue stanze, metteva di frequente le mani a conca davanti al volto e lamentosamente vi alitava
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passi lì vede o li sente. Poi, al giusto raggio di sole, mettono fuori il germoglio. In verità, da tempo io pensavo: come è corto il mio spadino
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sciogli nell'acqua degli occhi la tua stanchezza» disse Blabante. «Ma ricorda, manca un tentativo, e spesso ciò che non riesce al due, riesce al tre
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. Quanto al poi, che viene sempre, nacquero tre bambini bellissimi e quieti: il loro fiato sapeva di fiori. Quello di uno sapeva di timo. Quello di
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occhi della masca, restò dove era e disse: «Mi chiamo Blabante, signora. E sono al seguito di Narco, il mio conte». «Senti senti! Storta una cosa, se ne
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legano i ciuchi attorno al pozzo a girare?» brontolava crucciato. «E poi, dopo legati, non li si benda perché non li offenda quel girare sciocco
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riconoscenza verso il suo signore. Alla fine, finito di grufolare, uno dei comparacci tirò un calcio al cavallo di Blabante, che sparì nitrendo nel
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Cavalca cavalca, il conte e Blabante traversavano dopo tre giorni le terre ferraresi, per boschi di pioppo brulicanti al vento. Mentre stavano a
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muove? Questo ha disgregato quel corpo felice, che disgregandosi disgregò la mia felicità!» «Io sono lontano dal togliere al tuo fiato il suo nero
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non scompaiono proprio...» «Ma lei, Blabante, era mille volte più delicata di un fiore... Mille volte più fiore del più delicato al mondo!» decise
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i tuoi confratelli, già pieni di penitenza, avrebbero troppo peso da portare? E poi, signore, se l'opera migliore di un monaco è far salire al cielo
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domandò: «Come va?» «Dio ci aiuti, mio signore» rispose Blabante, e si avvolse più stretta la sciarpa al volto. Così preparati entrarono nel castello della
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«Narco degli Alidosi, hai superato due prove. Resta la terza: e non sarà di minore fatica». «Cosa mi tocca, sapiente Antolfo?» «Ti tocca battere al
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potere nelle tue mani di amico!» In quell'istante preciso, il fiato di Narco perse ogni puzzo, ogni fetore: e al contrasto l'aria del luogo, e di
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convocò Terpione, che curava nobili e villani, e conosceva rimedi anche per i malanni delle bestie. Costui annusò il fiato di Narco e, appoggiandosi al
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