Manuale Seicento-Settecento
prodotto dell'immaginazione e il suo fine precipuo è di insegnare a esercitare l’immaginazione. E importante perché senza immaginazione non v’è
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il suo fine è di persuadere ad agire secondo il proprio modello, che è poi il modello dell'agire secondo la vera natura umana.
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Posto il principio dell’arte come strumento, non sorprende che si badi più alla perfezione dello strumento che al suo fine religioso: AGOSTINO è
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altre. Nessun compiacimento per il particolare pittoresco, ma una lucida oggettività: in quel telaio ogni cosa è data nel suo essere-in-sé e nel suo
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’estrema tensione morale e religiosa dà alla sua pittura una carica rivoluzionaria. Il suo realismo nasce da1l’etica religiosa instaurata da Carlo
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, il fatto vissuto nel suo accadere «rallentato» della crocifissione di San Pietro, la Vocazione di San Paolo: in una prima stesura, poi acquistata
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testimone di uno dei più solenni dei suoi atti. Dio, nel suo pensiero, non e nel cielo tra i beati cori, ma in terra, tra i poveri e i dolenti. Nella
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sosteneva la necessità di una difesa ad oltranza dell’autorità della Chiesa e del suo apparato politico (i Gesuiti) e chi mirava invece all’unità spirituale
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nei primi anni del secolo ed ha conosciuto e ammirato l’opera del Caravaggio, pur così lontana dal suo gusto per l'enfasi pittorica, per le allegorie
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, come si proponeva, in Italia. Il suo classicismo inteso come principio rettorico, che si manifesta mediante l’evidenza della percezione, inciderà nella
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BAGLIONE (1566 c.-1644), per un breve periodo, fino al 1603, suo stretto, ma non brillantissimo, imitatore. Eppure la sua personalissima ricerca
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e di formazione manierista, sfrutta la finezza del suo disegno per sfaccettare la forma ed offrire così al colore la possibilità di modularsi
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Quando, nel 1605, torna a Roma dal suo secondo, breve, soggiorno in Spagna, ORAZIO BORGIANNI (1578 c.- 1616) è uno dei capi riconosciuti del «partito
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colori. Poiché il suo ideale è la moderazione, non soltanto geometrizza la mimica icastica del Caravaggio, ma evita gli estremi opposti dei suoi valori
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oppone al Bernini proprio una concezione opposta della tecnica e del suo valore etico. La stessa immaginazione ad oltranza del Bernini, la sua premura di
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circolo, come echi, il motivo delle colonne del baldacchino. La figura di Longino, con il suo gesto di attore declamante, è costruita in rapporto allo
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essere finzione, e al dialogo succede il monologo, la solitudine dell'eroina nell'ineluttabile necessità della morte. Più nulla, neppure il suo dramma
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Giunto a Roma nel 1614, lavora come scalpellino presso il Maderno, suo zio; è quasi un autodidatta; ha il culto di Michelangiolo, ma lo ammira più
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L’eleganza, la purezza del ritmo crescono col crescere della tensione interna. Il suo lungo tormento si avvicina all’epilogo: il restauro di San
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; è la tecnica del visibile, dell'appariscente. Tale è la sua funzione, il suo servizio sociale. È giusto ricollegarsi a Raffaello, ma bisogna anche
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strutturalmente analoga alla tragedia (Sacchi) o all’epica (Cortona) la Divina Sapienza; del suo antagonista, ha poche figure, immediatamente riconoscibili, dagli
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smembramento della facciata, il suo disimpegno dalla parete e dalla sua tradizionale funzione di limite, la sua inserzione nello spazio come organismo
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che «gira» col graduarsi del chiaroscuro s’innesta il pronao classico, col suo vuoto scuro e profondo, su cui spiccano in luce colonne e frontone. E la
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; la Santa Susanna, nel coro di Santa Maria di Loreto, è un esempio significativo del suo classicismo cristiano, inteso come calore sentimentale
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classici restaurando i marmi antichi del cardinale Ludovisi; e questo suo classicismo documentato, severo, costituisce la controparte del classicismo d
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’esperienza su cui si può costruire un’etica intrinsecamente morale, che trovi in se stessa il modo del suo esistere. A trent’anni, nel 1624, e a Roma; vi
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opposte: Rubens ne ammirava il fare veloce, la sensualità dell’immagine, il suo darsi immediatamente alla sensazione; per Poussin il dipingere è
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appaiono, frequentano per poco quello spazio rianimato, imprimendogli tuttavia, con la propria presenza, il suo modo di essere: «esiste sempre un
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mare e la mette in rapporto col suo ambiente paesistico naturale. L’artista che determina il volto barocco della città è il bergamasco COSIMO FANZAGO
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, come Domenichino e il Lanfranco, giungono da Roma. Il passaggio più sensazionale è certamente quello del Caravaggio che, nel suo doppio soggiorno
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(1615-1660), e uno scenografico, tripudiante decoratismo barocco, che ha in PAOLO PORPORA il suo massimo rappresentante.
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. Il suo realismo non è, affronto diretto del reale; è soltanto l’opposto dell’ideale. Si capisce quindi come più, tardi, a partire dal quarto decennio
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. Nei bozzetti per i distrutti affreschi votivi dipinti sulle porte della città per la fine della pestilenza, Mattia Preti sfodera tutto il suo
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abbondanza e la qualità ineguale della sua opera, conosce tutta la pittura del suo tempo e del Cinquecento, può rifarla a memoria, contraffare anche artisti
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pittura che si può guardare distrattamente, senza neppur chiedersi che cosa rappresenti, e che tuttavia ci comunica il suo ritmo visivo e mette in moto
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figura di pittore, di uomo di teatro e di poeta, autore di sette Satire in cui se la prende con i costumi del suo tempo ed anche con la pittura
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sconvolgente esempio degli affreschi di Pietro da Cortona che, a Firenze, non riuscì né a far eseguire il suo disegno per l’ampliamento di palazzo Pitti né
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Il fatto nuovo e più importante è comunque la presenza a Genova di Rubens e del suo grande allievo ANTON VAN DYCK che, tra il 1621 e il '27, è il
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, il baluginio dei lumi. La tendenza ad una pittura interessata più al modo del suo farsi che alle motivazioni del fare è rafforzata dalla conoscenza
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probabilmente il Saraceni; a Mantova, dal 1613 al ’22, conosce l'opera del Rubens. Il suo tempo migliore sono gli ultimi anni, tra Mantova e Venezia. Nei
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Napoleone. L’«invenzione della libertà» è preparata dal vasto movimento culturale dell’Illuminismo. Il pensiero illuministico pone come suo fondamento
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XIII in San Pietro. E il tempo, anche, delle molte statue e dei molti' rilievi che meglio riflettono la sua interpretazione, il suo modo di lettura
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dell’antico, è la giustezza della distanza che impone allo spettatore, il suo darsi come figura e spazio insieme, come forma immutabile perché ha
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