Manuale Seicento-Settecento
(Martirio di San Pietro; Vocazione di San Paolo: 1600-1601). Il primo quadro per la cappella Contarelli (San Matteo con l’angelo, 1599, da porsi
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volgono sorpresi, tranne l’avaro che conta i soldi, come Giuda i trenta denari. Con Cristo e San Pietro entra una lama dura di luce: investe le figure
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Crocefissione di San Pietro: null’altro che la meccanica della croce sollevata a forza di corde e di spalle. La macchina della morte si è messa in
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Come molti connazionali, il fiammingo PIETRO PAOLO RUBENS (Siegen 1577- Anversa 1640) dopo una prima educazione in patria, si reca in Italia «per
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formazione di Bernini come di Pietro da Cortona, fino a costituire uno dei poli della dialettica interna al Barocco romano.
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sceneggiatura» (Brandi); il Ter Brugghen (1588-1629), al cui periodo romano (dal 1604 al 1614) è stata ascritta recentemente la Liberazione di Pietro degli
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«naturalistico» di Pietro Paolo Bonzi, di Luca Forte o dell’ancora anonimo Maestro di Palazzo San Gervasio derivi dal realismo caravaggesco. Non sono affatto
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della rivoluzione caravaggesca; sente che bisogna affrontare decisamente il dilemma di realtà e ideale. Nella Crocefissione di San Pietro (1604) si rifà
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Tornato a Roma, cercherà invano di emulare il Bernini nella Veronica di San Pietro; gli sarà più facile contraddirlo nelle lunghe, patite, spirituali
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Dalla Toscana arrivano, al principio del secolo, PIETRO BERNINI (1562-1629) e FRANCESCO MOCHI 1580-1654). Il primo è un artista colto ma debole
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stesso complesso. l lavori per San Pietro si succedono per più di quarant’anni senza un programma, ma con una coerenza perfetta: come un’idea che vada via
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«La crociera di San Pietro è come un teatro circolare in cui la scena, anzi la macchina scenica (il baldacchino) si trova quasi al centro, e l'azione
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Rientrano nella decorazione interna di San Pietro, aggiungendo personaggi allo spettacolo, le tombe monumentali dei papi (Urbano VIII, 1628-47
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Benché in San Pietro non possa fare a meno di misurarsi con Michelangiolo, la radice dell’architettura del Bernini è soprattutto bramantesca: lo
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L’unità che il Bernini ha dato a San Pietro non è soltanto visiva: da nessun punto di vista si doveva vedere tutto l’edificio (la sciagurata via
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nell’ambiente urbano; né meraviglia che lo schema rotondo diventi ellittico come nel contemporaneo colonnato di San Pietro, dato che il Bernini tende
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pronao semicircolare (si confronti con quello di Pietro da Cortona in Santa Maria della Pace). Più che una facciata è un apparato che commenta e magnifica
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risolto il Bernini (con cui il Borromini lavora in San Pietro e in palazzo Barberini) ponendo l’arte come immaginazione che si realizza, si
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dipendenze, ma con una qualche autonomia, in San Pietro e in palazzo Barberini. La prima opera interamente sua è il piccolo chiostro nel convento di San
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Ugualmente lontano dai grandi assunti ideologico-religiosi del Bernini e del Borromini, PIETRO DA CORTONA (1596-1669), pittore ed architetto, riduce
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Contemporaneo del Baldacchino di San Pietro, il soffitto del grande salone di palazzo Barberini, con il Trionfo della Divina Provvidenza (1633-39), è
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alla chiesa ma alle viuzze laterali, che vengono così inserite, come prospettive, nel complesso. Ricordo bramantesco, dal tempietto di San Pietro in
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Con il Baldacchino di San Pietro (1624-33), il chiostro di San Carlo alle Quattro Fontane (1634-37) e il soffitto barberiniano (1633-39), sono già
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funebri o festivi, canonizzazioni, quarantore, di cui non disdegnano farsi registi architetti celebri quali Bernini, Pietro da Cortona, Rainaldi
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È allievo del Rainaldi CARLO FONTANA (1634-1714), autore di scritti importanti sulla basilica di San Pietro e sul corso del Tevere. Sono i due motivi
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San Pietro), dipinge esclusivamente ricercatissimi quark; tra cavalletto, di soggetto classico o biblico, per amatori privati, spesso nemmeno romani.
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classico in opere monumentali di grande impegno, come il monumento di Leone XI in San Pietro e la statua bronzea di Innocenzo X nel palazzo dei Conservatori
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modo pittorico poussiniano, sviluppandolo in malinconica, densissima poesia, sono PIETRO TESTA (1611-1650) e PIER FRANCESCO MOLA (1612-1666). Allievo
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anche per dimostrare — in polemica con Pietro da Cortona — che compito di dipingere e quello di esprimere affetti come in una tragedia, e non
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nel 1607). La sua lezione luministica è subito raccolta da BATTISTELLO CARACCIOLO (1578-1635) che già nel 1615 dipinge, per il Pio Monte, San Pietro
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romana, per costruire una composizione teatrale, consapevolmente drammatica. Nella decorazione di San Pietro a Maiella, sfoggia la sua visione in
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, e in particolare Lanfranco; ama Pietro da Cortona, e la sua spiegata decorazione: lo scontro non è quindi tra due riferimenti culturali diversi, ma
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sconvolgente esempio degli affreschi di Pietro da Cortona che, a Firenze, non riuscì né a far eseguire il suo disegno per l’ampliamento di palazzo Pitti né
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Il rinato interesse per la «buona pittura» non poteva non determinare ritorni di fiamma verso la grande tradizione cinquecentesca: PIETRO VECCHIA
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È ancora l’idea di Pietro da Cortona in Santa Maria della Pace; ma qui è più netto il distacco dei tre elementi in cui si scinde l’organismo plastico
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XIII in San Pietro. E il tempo, anche, delle molte statue e dei molti' rilievi che meglio riflettono la sua interpretazione, il suo modo di lettura
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Pietro ridusse ad architettura simmetrica la composizione ritmica dei monumenti funebri canoviani.
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