Manuale Seicento-Settecento
’artista, come quella dell’artigiano e dell’operaio, non è fine a se stessa: qualsiasi cosa si faccia, si fa ad maiorem Dei gloriam, cioè l’opera degli
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il suo fine è di persuadere ad agire secondo il proprio modello, che è poi il modello dell'agire secondo la vera natura umana.
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appaia artificioso, volontariamente adottato, moralistico; il fine dell’arte è proprio di indurre ad imporsi quella disciplina, a trasformare la passione
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loro sostanza classica, la loro originalità creativa. Associando esperienze venete, romane, emiliane non mira ad una combinazione eclettica, ma alla
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luce è più bassa, i riscontri tonali si riducono ad un chiaroscuro più marcato, di ogni figura è letteralmente descritta la nobiltà del gesto e del
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ritmo e del colore, subito lo rimanda ad altre immagini, alla miriade d’immagini che gremiscono lo spazio immaginario della volta. La pittura non mira
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» ideale: dal motivo del «bello» ideale il Caravaggio deduce una figura che appare troppo realistica. L’ideale, dunque, non spinge a superare ma ad entrare
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sosteneva la necessità di una difesa ad oltranza dell’autorità della Chiesa e del suo apparato politico (i Gesuiti) e chi mirava invece all’unità spirituale
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È inutile chiedersi in che modo sarebbe cambiata la cultura figurativa romana se, nel 1608, Rubens non fosse tornato ad Anversa, ma fosse rimasto
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per se stesso; non ha allievi, se non qualche precocissimo seguace, di cui non abbiamo elementi sufficienti per valutarne l’opera; ad eccezione di
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chiaramente indicato dall’arco trionfale; la Santa Domitilla si volge, come in Correggio e, poi, in Annibale, verso lo spettatore ad attirarlo nello
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contrasto tipicamente barocco, ad immagini di sangue e di morte: motivo all’origine caravaggesco, ma ripreso con un compiacimento letterario ben lontano
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dei Francesi è l’immediato precedente, cede qui il posto ad un fare largo, ampio, devoto. Se nella pittura sacra ritrova lo stile di un Francesco di
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Stato l’apparato tecnico della felicità. Per insegnare ad immaginare, ad oltrepassare i limiti del finito e del contingente, ma soprattuto per fare
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oppone al Bernini proprio una concezione opposta della tecnica e del suo valore etico. La stessa immaginazione ad oltranza del Bernini, la sua premura di
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prospettico delle navate laterali graduando l’emergenza delle colonne addossate o incassate nei pilastri del corpo longitudinale; dando ad ogni campata una
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pellegrini). È un’immagine allegorica (le braccia della Chiesa protese ad accogliere l'ecumene); ma è anche la prima architettura aperta, pienamente integrata
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ad un obelisco egizio: la storia si erge sulla natura, ma su di essa si fonda. L’acqua sgorga impetuosa dalla roccia «al naturale», tra alberi scossi
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della costruzione sale di colpo ad altezze vertiginose dove la funzione pratica della comunità è la pratica ascetica. Non c’è un dominio della vita
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cornicione — per concentrare la luce sulle complicate cornici ad edicola, concave e convesse, delle finestre incassate. Non è scenario, prospetto
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il problema nei termini di una cultura specificamente artistica, ad una questione di stile e di gusto. Toscano di nascita e di formazione, quando
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quattro bracci terminanti ad abside. Lo spazio viene così ad essere determinato ai limiti, dal piano plastico continuo modellato dai fusti delle colonne
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plastico articolato, la sua ragione non più soltanto architettonica ma urbanistica. Il primo ad avvedersi della novità sarà proprio il Bernini, benché non
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«Essendo il fine dell’arte barocca la persuasione, non meraviglia che l’architettura come strumento rettorico miri ad estendersi a tutta la città
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allegoriche in piedi: ma Algardi usa il marmo bianco, levigandolo fino ad esporre all'aria una superficie fredda, impenetrabile, liscissima; distingue
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grande, al posto di affreschi incassa tele nel soffitto fastosamente adorno, perché la , pittura non rinunci al brillante colore ad olio e alle spavalde
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, dove è in contatto con Testa e Mola) e la lunga permanenza di Artemisia Gentileschi rafforzano la tendenza alla pittura-poesia: ad una poesia che nasce
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reca a Firenze, è perfino chiamato in Spagna, ad affrescare le dimore reali. E un fenomeno, ha del prodigioso; è lo straordinario tecnico della
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da ricordare in una veduta d’assieme) il PASSIGNANO (1559-1638) e il CIGOLI (1559- 1613) si limitano ad aggiornare con elementi correggeschi e
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erano presenti dipinti di Pieter Aertsen, e in città lavorano fiamminghi non trascurabili, come Snyders, Cornelis de Wael, Jan Roos. Ad essi si deve il
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, il baluginio dei lumi. La tendenza ad una pittura interessata più al modo del suo farsi che alle motivazioni del fare è rafforzata dalla conoscenza
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Borromeo. A Federigo, che sosteneva la funzione sociale ed educativa dell’arte, si deve la fondazione di un’Accademia a Milano e l'impulso ad una
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È facile intendere come il gusto della verità e la rinuncia ad ogni appariscente rettorica conducessero a porre sullo stesso piano di valore la
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seguendo le linee maestre di questo schema. Il primo piano della riforma urbana che doveva dare alla città prestigio di capitale si deve ad ASCANIO
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gerarchico della Chiesa o dello Stato. Perciò un’architettura ad un tempo fantastica e matematica come quella del Guarini può diventare ufficiale e
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, cioè scienza del bello, estetica (un concetto e un termine che cominciano ad esistere appunto nel secolo XVIII). Queste tre possibilità dell’arte nei
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delimita il campo dei temi adatti ad essere trattati in pittura, «pittoreschi». Il padre Lodoli delimita quello dell’architettura, riducendola alla
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della città capitale: come tale richiama architetti, scultori, pittori da ogni parte d’Italia e d’Europa. Seguita ad estendersi prolungando il vecchio
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l'edificio nello spazio naturale, legarlo non soltanto ad un sito ma al mutamento della luce nelle diverse ore del giorno. Questo legame, del resto, non
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costrutture, pieno di spirito pratico: si propone di ridurre la tecnica estrosa del Juvarra ad una solida prassi costruttiva e finisce per fissare, nelle
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: riuscire a spingere più in alto un pilastro, a sostenere un arco sul vuoto, ad aumentarne la gittata. Poiché i materiali e i procedimenti sono sempre gli
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CARLO MARCHIONNI (1702-1786), dove la chiarezza del telaio strutturale ha come conseguenza la riduzione di tutti gli elementi ad una loro evidente
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dal mausoleo o dalla stele classica. Non si propone di ridurre ad ordine e simmetria le movimentate masse del Bernini, perché, come si vede, nel
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sempre il problema dell’unità e realtà dell’immagine. Una delle qualità costanti e salienti della sua opera, anche quando è più legata ad una lettura
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modi cinquecenteschi (come gli architetti che volevano tornare, correggendolo, al Palladio). Decide per la scultura come più adatta ad una ricerca anti
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E questo è anche, del Canova, l’aspetto già quasi romantico: quello che di tanto lo allontana dal David quanto più lo avvicina ad un altro pittore
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Pietro ridusse ad architettura simmetrica la composizione ritmica dei monumenti funebri canoviani.
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