Lezioni di meccanica razionale. Volume primo
Designando dunque l’accelerazione, che è una determinata funzione vettoriale del tempo, con a(t), abbiamo per definizione
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e deriviamo rispetto al tempo, considerando il vettore unitario tangenziale come funzione di funzione del tempo, mediante la s(t). Tenendo conto (I
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qualunque sia l’ampiezza r e la fase iniziale del moto armonico considerato. In altre parole la funzione di t
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Per esprimere a ρ in funzione di ρ, Θ e delle loro derivate,
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Se, riguardando ancora il secondo membro come una funzione di t composta mediante la 6, deriviamo ulteriormente rispetto a t e. poniamo in base alla
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18. Per valor medio di una funzione f(λ) in un generico intervallo (λ l, λ 2) si intende il rapporto
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a) quando si consideri la velocità come funzione del tempo, il suo valore medio (tra l’istante iniziale ed uno finale generico) è la metà del valore
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b) quando si consideri la velocità come funzione dello spazio percorso, il suo valore medio (tra la posizione iniziale ed una finale generica) è due
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funzione del tempo).
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sono le equazioni del moto, risulta senz’altro dalla (4) che la forza totale applicata al punto è data, in funzione del tempo, da
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Ogni forza siffatta si dirà posizionale; e naturalmente si ririguarderà data, quando sia assegnato il vettore funzione di P, che rappresenta la forza
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Siffatti campi di forza, diconsi conservativi; e la funzione U (x, y, z) che noi supporremo uniforme, finita, continua e derivabile, almeno fino al
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Alcuni autori designano la funzione U esclusivamente con quest’ultimo nome e chiamano potenziale la - U.
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Integrando, si ottiene come potenziale, a meno della costante additiva arbitraria, la funzione della sola z
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onde, integrando questo differenziale esatto, si ottiene pel potenziale, a meno della costante additiva arbitraria, la funzione della sola ρ
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dove k designa una funzione qualsiasi del posto, le linee di forza sono circonferenze che hanno per asse l’asse delle z. Applicazione all’esempio d
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Φ essendo funzione dei soli argomenti indicati.
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Si vuol dire con ciò che v' è al più un numero finito di superficie attraverso le quali la funzione presenta variazioni brusche (discontinuità).
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Circa l’esistenza di questo limite e circa il suo comportamento come funzione dei punti del campo S valgono considerazioni analoghe a quelle del n. 4.
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essendo Ί la funzione quadratica di α, β, γ definita dalla (16).
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Dacché la funzione integranda x 2 non dipende né da y, né da z, si può integrare rispetto a questi due argomenti per un x generico, il che dà
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La U, considerata come funzione delle coordinate x, y, z del punto P, è manifestamente finita e continua per tutti i valori degli argomenti, che non
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Ove si introduca la densità μ (che va ritenuta, al solito, funzione finita generalmente continua dei punti di. S), si constata ovviamente che l
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È ben noto che si dice che una funzione f(Q) diventa infinita in un punto P di ordine non superiore ad m se, indicata con r la distanza di Q da P, la
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Per ovvia estensione del concetto di funzione (dalle grandezze scalari ai vettori) si dirà in tal caso che il vettore v è funzione del parametro (o
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in quanto si tratta dell’integrale ad 1 dimensione di una funzione che presenta, entro il campo d’integrazione, un infinito del 1° ordine.
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Si tratta dunque di una forza conservativa, che è funzione (vettoriale) continua del punto potenziato in tutto lo spazio.
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. prec., n. 22) funzione quadratica dei coseni direttori
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dove le c designano costanti [definite dalle (23) in funzione dei giratori principali].
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Si ha in primo luogo il così detto teorema della media, certamente valido per ogni funzione vettoriale finita e continua assieme alla sua derivata
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64. Supponiamo che ad ogni punto P di una linea l corrisponda un certo vettore, unico e determinato, v(P). Abbiamo così un vettore funzione dei punti
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E, del resto, dato un vettore applicato, si ha un vettore funzione dei punti dello spazio, associando ad ogni punto P il momento rispetto a P del
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si può ritenere che l’incremento della funzione (punto), ossia il vettore differisce da dP per infinitesimi d ’ ordine superiore al primo.
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Se P dipende da t pel tramite di un altro parametro s, funzione a sua volta di t, si ha
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di questo punto funzione dell’arco s.
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70. Sia v un vettore variabile, funzione continua di un parametro t in un generico intervallo (t o, t 1) e siano X, Y, Z le relative componenti.
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Trattando l’ascissa x come variabile indipendente, e l'ordinata y come funzione, si può dare alla relazione testé ricavata la forma di un’equazione
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3.° che il valore numerico di a 0, in funzione di τ0, si ricava dalle due equazioni
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talché, immaginando la U espressa, per mezzo delle (8), in funzione delle q h e identificando i coefficienti delle d q h , si conclude
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La funzione U, determinata a meno di una costante additiva arbitraria, dicesi, come nel caso di un' unica forza conservativa, po tenziale della
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cioè coincidono colle derivate (rapporto alle coordinate x, y, z di P) della funzione
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Il primo membro della (8) è una funzione
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quantità sempre positiva, dacché supponiamo r> ρ. La Ψ(ψ) è dunque funzione crescente.
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Consideriamovi ψ come funzione dei due parametri ε e k. La regola di derivazione delle funzioni implicite ci dà
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Rimane pertanto provato che la ψ definita dalla (8) e con essa tgψ è funzione crescente si a di che di '
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dove, ricordiamolo, ε, k sono definiti dalle (9), in funzione dei dati della questione, sotto la forma
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Più in generale, il moto di P si può definire assegnandone la posizione come funzione di n parametri quali si vogliano q 1, q 2,... , q n
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cioè lo spazio s è una funzione lineare del tempo.
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Questo vettore P(t), quando il punto P si risguardi come funzione di funzione del tempo mediante l'ascissa curvilinea s, si può scrivere
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18 . Più in generale può darsi che la velocità v sia nota in funzione non soltanto del tempo, ma anche della posizione istantanea del punto:
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