Le tre vie della pittura
le montagne azzurrate sullo sfondo, come dice la sacca di ombra in primo piano, che vive in quanto c’è una luce che penetra, sia pure attenuata, al
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vive in un pomeriggio turbolento ma anche impassibile, nel quale le luci della costa di collina, e il cielo e gli stessi compartimenti di luce e di ombre
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’azzurro esce la grande pittura francese dell’Ottocento. Il primo, colui che vive nell’azzurro e che dipingerà l’azzurro, è in primis l’erede della grande
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’epidermide femminile che vive quasi di luce propria, per i virtuosismi con cui Manet gioca i neri, il nero del cappello del gentiluomo sulla destra, quello
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panica di chiarore che domina la visione, riposante, felice, del pomeriggio d’estate in cui vive questo quadro, anzi del minuto, dell’attimo nel quale
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intuire il papier decoupé dell’ultima fase della sua vita, cioè una pittura ridotta ai minimi termini, una pittura che vive della propria semplicità e
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, veneziano di nascita, a queste date vive a Treviso. Quando, verso il 1505, dipinge il Ritratto del vescovo De’ Rossi (fig. 49), compie un passo in più
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’uomo, che non è più l’eroe del ritratto cinquecentesco, ma è colui che vive di un mondo interiore sconfinatamente ricco e potente. Non c’è ombra di
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Ancora in Francia, entriamo nel grande ritratto classico francese, con Pierre Subleyras, un pittore che vive anche in Italia; ripeto che l
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espressiva. E poi le luci: l’idea che l’artista ha della verità, del fatto, cioè, che ogni anima vive in un contesto ambientale, e dunque in una luce vera
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il quadro vive dei misteri e dei miracoli della luce, che, entrando dall’alto di un abbaino, accarezza e accompagna gli oggetti della scena
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nascendo il romanzo moderno, vive fianco a fianco con Daniel Defoe, con Jonathan Swift e soprattutto con Henry Fielding, che è il grande amico della sua
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