Le tre vie della pittura
, Caravaggio ha ritratto se stesso, non posso fare a meno di chiedermi come è possibile non dico descrivere, non dico dipingere, ma anche solo
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È poi evidente che la magia di questo dipinto è affidata alla luminosità, calma anche se naturalissima, che scorre dal volto al petto del Davide. Una
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Tali raggiungimenti, naturalmente, un seguito ce l'hanno, anche se, curiosamente, l’eredità di Caravaggio non è immediata. Ci sono, in Italia, dei
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Nella prima Lezione di anatomia del dottor Tulp (figg. 16-17), è come se, per un istante e solo per un istante, ciò che vediamo, nella fattispecie il
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quale Turner mette se stesso. William Turner a questo punto non è più giovane, è in crisi creativa, e forse nel funerale del pachiderma vede anche il
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tavola, e cancella ogni veridicità: basta guardare le ombre nere, cupe, che assolutamente se ne infischiano di una luce tonalisticamente verosimile
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avvolge nello spazio. L’immagine di questo oggetto raggiunge già, anche se ancora confusamente, l’intuizione di un limite estremo del tonalismo che
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della Francesca, è giunto al punto limite in cui l’artista guarda intorno a sé, e capisce che il lavoro non è terminato. Capisce che non basta
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nel cuore dell’uomo e ci racconta per immagini come, nel corso dei secoli, si è evoluta, è cambiata, la consapevolezza di sé dell’uomo occidentale
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, che “desidera vincere, occidere la sua cagione... e vincendo se stessa occide; fassi più potente dove truova maggior contrasto”. Se guardiamo tra i
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sé, il contrario della debolezza sognante del giovane innamorato. Oggi diremmo, due psicologie opposte, a darci in questa rappresentazione l’idea di
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falsità. Il porporato in secondo piano osserva con sguardo preoccupato lo scambio di suggerimenti fra i suoi due congiunti, e sembra chiedersi se ciò
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della roboanza e della superbia che il ruolo in sé dovrebbe comportare. Il volto, di profilo, è scavato da ombre, lo sguardo è lontano, le labbra sono
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) sul quale ci siamo dilungati nel capitolo precedente. Non vogliamo dire niente di più, se non richiamare l’attenzione sulle estreme, indicibili
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) di Rembrandt il quale, poco più che ventenne, descrive se stesso in un’immagine febbrile, i capelli agitati da turbini più siderali che terreni, la
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normalità. Questo ritratto è di per sé un romanzo. Per il secondo esempio, vorrei andare in terra di Francia, perché in questo paese, che è detonatore
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La terza riflessione è dedicata alla pittura come socialità, come racconto, come romanzo. Dopo aver guardato fuori di sé, poi dentro di sé, l’artista
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di ciò che l’uomo occidentale ha pensato di sé stesso e del modo con cui tale consapevolezza si è evoluta nel tempo e man mano si è tradotta nella
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storia portava l’umanità a nuove conquiste e a nuove catastrofi, si è man mano drammaticamente modificata la consapevolezza di sé dell’uomo d’occidente
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l'ancien régime”, come disse Talleyrand. Se dovessi caratterizzare il Settecento, direi che è il secolo della psicologia, il secolo dei poveri e il
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dignità di rappresentazione e, anche se qui parleremo soprattutto di arti visive, non mancheremo di rilevare che ciò avviene in tutte le arti: avviene in
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appartiene, se non proprio alla povertà, alla normalità della vita. Questo è infatti il momento in cui il femminile sale alla ribalta con una
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’altro grande lombardo, Giacomo Ceruti. Entrambi, anche se Ceruti, detto il Pitocchetto, è noto soprattutto per la rappresentazione delle classi umili
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. In Longhi non c’è severità di giudizio, l’atteggiamento è quello di un benevolo, anche se ironico, cronista. E non possiamo poi tacere della sua
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