Le tre vie della pittura
Chiudiamo il paragrafo dedicato a Hogarth, che ci ha portato al cuore dei nostri argomenti, e ci apre ora la strada per guardare alla narrazione
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, forse meno acuto, ma di straordinaria vitalità. Qui il pittore 99. William Hogarth, Predica a fedeli addormentati. Minneapolis, Institute of Arts. ci
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quelli di tutti i giorni: non è proprio il momento di ritrarla. Ma lo sguardo che ci rivolge è diretto e franco, pieno di dignità 100. Gaspare Traversi
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stanze nella quale ogni tanto arriva qualcuno che apre una porta e va di là; che cosa ci sia di là è sempre un mistero, di là normalmente c’è un altro
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rosa, ogni stilla di colore, ogni innamoramento della materia, ci dicono che la pittura ormai è interamente luce, luce che sempre più si allontana
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denti, denti guasti, marci, e ci dicono, quei tre puntini di luce, di una vita spesa male e non più recuperabile: Caravaggio, nel momento in cui dipinge
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Tali raggiungimenti, naturalmente, un seguito ce l'hanno, anche se, curiosamente, l’eredità di Caravaggio non è immediata. Ci sono, in Italia, dei
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cadavere di un uomo, fosse bruciato da una scarica a 100.000 volt che, nel momento stesso in cui si verifica, ci svela la verità: la stiamo vedendo
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, verso risultati ai quali mancano ancora due secoli. Ci vorranno ancora duecento 19. Johannes Vermeer, La lattaia. Amsterdam, Rijksmuseum. anni, infatti
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giardini Farnese e ci dà una sua prima visione di Roma (Il Foro visto dai giardini Farnese, fig. 25). Immagine squisita, nella quale la pittura tonale, che
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Abbiamo, a questo punto, ormai terminato il nostro viaggio che ci ha portato, nei secoli, da una luce prima classicamente naturale, a una luce
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, nello spazio e nel tempo in cui ci è concesso di esistere.
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nel cuore dell’uomo e ci racconta per immagini come, nel corso dei secoli, si è evoluta, è cambiata, la consapevolezza di sé dell’uomo occidentale
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Partiamo allora da Leonardo. Oltre alla frase già citata, e a moltissime altre riflessioni di fisiognomica, si trovano nei testi che ci sono rimasti
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) sul quale ci siamo dilungati nel capitolo precedente. Non vogliamo dire niente di più, se non richiamare l’attenzione sulle estreme, indicibili
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Approdiamo, allora, al Settecento, e qui ci troviamo sul terreno che sarà il tema del prossimo capitolo. Come vedremo, nascono, nel Settecento, il
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Le immagini del Novecento ci dicono con chiarezza che è avvenuto il passaggio delle colonne d’Ercole. Come accennavamo nel capitolo sulla luce, il
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, come ci racconta puntualmente la storia dell’arte.
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. Ma il suo viaggio proseguirà ad infinitum, finché ci saranno civiltà e capacità espressive per rispondere agli interrogativi ultimi e primari della
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constatando come spesso, quando ci si riferisce a questo periodo, si ricorra ad alcuni stereotipi che ne rendono la lettura parziale e riduttiva: per citare i
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rappresentato si volge verso di noi con un moto di irritata vitalità, avvolto nel robone impellicciato di foggia cinquecentesca, e ci guarda con occhi
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Maria del Carmine, Cappella Brancacci. poi tornò indietro alla prima e poi tornò alla seconda e poi tornò ancora alla prima. A questo punto ci guardò e
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stesso tempo la tensione morale della gentildonna che ci guarda dall’alto, e, viceversa, l’incanto, la deliziosa superficialità della bambina che è
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ineguagliabili lacche che intessono il ricchissimo abito; tutto, in questo ritratto, ci dà l’immagine di una società che sta correndo verso la propria dissoluzione
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protagonista ci volta le spalle (La sguattera, fig. 83), ma che ciò nonostante ci racconta tutto di questa donna umile che, nel silenzio di una povera
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Entriamo, allora, in un palazzo bolognese, e ritroviamo Giuseppe Maria Crespi che ci racconta un concerto di famiglia (La canterina corteggiata, fig
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parroco di paese a bruciare i dipinti di nudités, cui, forse, il pittore aveva affidato i palpiti espliciti dell’eros, palpiti che ci sono, così, negati per
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Ci spostiamo ora a Londra, fulcro fondamentale dei rinnovamenti di una società che, sull’onda della rivoluzione industriale, sta rapidamente
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