Le tre vie della pittura
le montagne azzurrate sullo sfondo, come dice la sacca di ombra in primo piano, che vive in quanto c’è una luce che penetra, sia pure attenuata, al
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, di assoluta pace in un mondo visivamente credibile ma divinamente intangibile: c’è ancora qualcosa che non tocchiamo, che non possiamo toccare, nella
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stanze nella quale ogni tanto arriva qualcuno che apre una porta e va di là; che cosa ci sia di là è sempre un mistero, di là normalmente c’è un altro
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(pensiamo a Piero della Francesca, in cui la luce è elemento costruttivo uniforme del quadro), ma “in Lotto la luce è soffio discontinuo, vagante”. C’è
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immaginare la propria testa appena spiccata dal corpo. Caravaggio c’è riuscito, e il miracolo, perché c’è qualcosa di sovrumano in ciò che fa Caravaggio, è
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in questo istante, non c’era prima e non ci sarà dopo, non ci sarà mai più. La pittura fa sì che quella improvvisa scarica entri nelle cellule, macabre
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della grande pittura del passato, nulla c’è di “riscontrato” sul motivo nella sua Colazione sull’erba. Il suo è un quadro bellissimo, per quell
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, e negli alberi ogni foglia è costruita di luce, abbagliante dove la luce è piena, e attenuata dove invece c’è ombra. La figura dell’uomo è esemplare
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alla felicità di luce terrena e quotidiana, c’è anche chi dipinge una luce che non c’è, e chi fa questo è Giorgio de Chirico (Le muse 36. Giorgio
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diventa profonda umanità, perché in lui c’è di meraviglioso anche la luce, una luce palpitante, che si posa sulla mano dell’ecclesiastico, sulla sua
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. verde le terribili passioni umane”), non c’è affatto lo spontaneismo e l'improvvisazione che una certa letteratura gli attribuisce, facendone una
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’uomo, che non è più l’eroe del ritratto cinquecentesco, ma è colui che vive di un mondo interiore sconfinatamente ricco e potente. Non c’è ombra di
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. In Longhi non c’è severità di giudizio, l’atteggiamento è quello di un benevolo, anche se ironico, cronista. E non possiamo poi tacere della sua
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