Le due vie
Il secondo punto di stazione non sarà neppure il punto di stazione di un determinato spettatore o ricevente, ma considererà l’opera d’arte
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irriducibile. Ma, questi due punti di stazione, non coincidono con quello dell’autore e con quello dello spettatore. Col primo punto ci volgiamo all
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’esperienza delle generazioni successive, viene a configurare lo spettatore-fruitore dell’opera, se ed in quanto ne realizzi la recezione, in una
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È chiaro dunque che, dopo che si è riconosciuta questa posizione dialettica dello spettatore verso l’opera, rientrerà nel metodo di una corretta
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Si può asserire che fino circa alla fine della seconda guerra mondiale, se pure vi erano stati vari sintomi dell’intenzione di attirare lo spettatore
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Questa è dunque la risoluzione normale del rapporto spettatore-opera d’arte, un rapporto dove si postula da un lato l’opera nella sua identità e dall
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pertanto sia lasciata la fase mancante come in balia dello spettatore-ricevente; noi non inventiamo per comodo tre modi di essere dell’opera d’arte
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, che è di essere offerta a sua volta ad una coscienza, donde lo stesso autore, appena compiuta l’opera, è spettatore-ricevente e non può più
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, in lato senso classica, pur con tanta minore partecipazione dello spettatore: ma non fino al punto da poterglisi imporre dall’esterno come opera d
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posto lo spettatore in una situazione diversa da quella in cui si trova quando è off limits dall’identità dell’opera con se stessa. Di qui la
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spettatore, non si esibisce affatto quale il paradigma stesso dell’opera d’arte, e tanto meno come un traguardo a cui in un certo senso l’arte, nel suo
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, neppure nel primo caso, un’apertura dell’opera, e, cioè, secondo la nostra teoria, l’assenza di una fase del processo creativo, in cui lo spettatore si
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spettatore-ricevente, il messaggio preferenziale dell’opera; talché, la desunzione stessa di questi sensi, o principali o collaterali, rimanga
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, la quale si ha solo se l’intervento dello spettatore-fruitore è volto a completare, sia pure virtualmente, ma non solo ad interpretare, una delle
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presente al passato, perché tuttavia era già di quell’arte che richiede l’integrazione dello spettatore. Così si spiega il sinecismo dell’arte chiusa con
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’integrazione allo spettatore? Certamente noi non abbiamo mai asserito che sia una situazione privilegiata, quella delle arti del nostro tempo, di
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a confluire sullo spettatore-ricevente, come quando si tira in barca la rete. A questo punto parrebbe che il nodo della questione fosse già sciolto
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la sua apparizione produce. Una volta che l’opera ha stancato e non fa scattare più il moto d’integrazione dello spettatore, il suo tramonto è segnato
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feticistico, con cui l’epoca prende in considerazione l’opera d’arte, trapassa dallo spettatore all’autore, si avrà l’esatto contrario dello spettatore
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rispondenza fuori di chi lo compiva. L’intensificazione del rapporto d’integrazione dello spettatore attraverso come un nuovo corso della materia, che l
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con il gruppo di Miriorama o Gruppo T. Il resultato di queste ricerche sono degli oggetti inutili, talora semoventi o che lo spettatore può far muovere
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esibisca il suo iter creativo completo, lasciando allo spettatore solo di sedersi e mirare, e arrestando il tempo all’eternità di un presente
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moto di accessione dello spettatore all’opera, nel gradimento che di questo intervento a mezza strada conferma l’artista. Altrimenti potrebbe sembrare
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primo rude contatto collo spettatore-fruitore, si dissolveva in una struttura formale irrecusabile, mentre in Dine o in Spoerri rimane grezzo sulla
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proprio perché, se non si rifaceva al passato, insisteva sull’hic et nunc e solo nell’hic et nunc della integrazione dello spettatore.
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rovesciamento nella tendenza, che rimaneva tuttavia basilare, di offrire l’integrazione nell’opera allo spettatore, ed è rinato l’oggetto: col neo-dada
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come qualcuno che intende appropriarselo in quel certo modo, ma anche come uno spettatore che deve astringersi a subirlo in quel certo modo: non può
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quella del pittore. Ora è chiaro che il pittore, nel costituirsi l’oggetto, non si pone come spettatore dell’oggetto, ma anzi sospende l’oggetto dal
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possibile perché il pittore ha rinunziato alla sua posizione privilegiata di autore unico, ed è passato dalla parte dello spettatore. È passato dalla parte
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Il fotografo è autore nella scelta dell’oggetto e delle modalità con cui appare l’oggetto, e spettatore dell’oggetto intenzionato come tale: come
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della corrente esistenziale fra la cosa e il mondo. Al mondo, come spettatore, è allora dato inserirsi nell’opera, e non come opera in fieri, né come
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allo spettatore, è l’immagine proiettata che esprime la vicenda, sia questa strumentalmente ridotta a fasi intervallate di racconto e dramma o
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’avvicinamento al moto d’integrazione dello spettatore, che la pittura, il teatro, il romanzo, la musica hanno realizzato. La partecipazione emotiva dello
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sublimazione in atto dell’oggetto, nella continuazione che il processo trova nella coscienza dello spettatore integrato. Il trompe-l’oeil di Sciltian non ha
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tenesse per mano. Quindi il pittore fiammingo non prefigura l’attitudine di spettatore del fotografo, ma individua una particolare costituzione di
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nella seconda parte di questo saggio, occorre precisare che l’accessione dello spettatore non si configura più come una mera recezione dell’opera, ma
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