Le due vie
si articola come una effettiva polarità, una polarità quale può essere quella di positivo e negativo, o, nella suprema assise del pensiero, di essere
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lasciare la parte di spettatore per intervenire nell’opera, o di manomissione poteva essere accusato o, nell’ipotesi migliore, di ri-creare un’opera che
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cessa di essere spettatore e passa di là dalla barriera, dalla parte dell’autore.
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nel neo-dada l’evidente presentazione dell’oggetto costituito, senza ulteriore o con minima elaborazione. Dovrebbe essere superfluo, ma non lo è
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due punti di stazione, per di più erroneamente identificati come quello dell’autore e quello del ricevente. La mimesi dovrebbe essere dalla parte dell
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Ma proprio questa inevitabile antinomia espressione — impressione, ci riconferma che il riconoscimento della bipolarità dell’arte deve essere spinto
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fenomeno sociale più grave del nostro tempo, la massificazione che è alienazione, riduzione dell’individuo ad un essere eterocomandato, spossessato, inerte
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rapporto dialettico che dovrà essere esaminato di volta in volta. È per questo che noi riteniamo che la dialettizzazione fondamentale dell’arte contemporanea
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dalla raffigurazione in sé, che si trova ad essere come annichilita nella ripetizione, al ritmo che determina la ripetizione stessa. Ritmo elementare
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, sicché, tale peculiarità, non richiede tanto d’essere sussunta ad una categoria, quanto di venire approfondita in se stessa. Accettando così l’opera d
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approfondita. Pure, ad un nocciolo segreto deve, la fotografia, tanto le sue aspirazioni ad essere annoverata come arte, quanto il fatto di non riconoscersi
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Si può allora tentare di esaminare la fotografia nella sua storia pur saltuaria e dispersa che possa essere 1, e vedere una ragione di questa sua
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porsi, per la fotografia, a metà strada fra la natura e l’arte non deve comunque essere sottovalutato, in quanto che quella «metà strada» si trova ad
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rovesciamento, perché mentre il fotografo si parte, e non potrebbe essere altrimenti, da un oggetto — e qui si poneva il parallelismo con la costituzione
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’opera d’arte è: altrimenti consisterebbe solamente in un fenomeno fra i fenomeni, come ritorna ad essere, nella sua mera risultanza fisica, quando non
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paleolitica, o la plastica di cui consta un catino moderno, non è, per il fatto d’essere manico, punta di freccia o catino, meno legno, meno selce, meno
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Solo limitatamente alla sua fenomenicità strumentale, legata ai mezzi fisici attraverso cui avviene l’epifania, l’opera d’arte potrà allora essere
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Viene ora un latinista, il Della Corte 19, che ci dice in primo luogo come, la traduzione proposta dal Panofsky, è possibile senza essere l’unica e
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Platone può essere tradotta in una di Aristotele: questa equivalenza resta alla base del posto paritetico assegnato ai due nell’affresco famoso, non ha
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Ora, la storia si fa del passato, non c’è storia del presente: nel presente, per la storia, c’è uno svolgimento in atto che viene ad essere
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Ma, considerare isolatamente nell’opera d’arte il monumento storico, non può voler dire di essere autorizzati a trattarla come e solo un monumento
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immediata, eppure a questa presenza si connetterà la certezza del suo non-essere fenomeno, talché non potrà esservi ambiguità fra l’astanza dell
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’arte, propria ad una determinata concettualizzazione della realtà, sicché, cambiando le basi del sistema speculativo, l’arte non debba essere concepita
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fra l’opera d’arte e l’essere-prodotto di un prodotto, viene a trovarsi stretta più da vicino l’essenza dell’opera d’arte, questa allora è definita
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in quanto svelato, e cioè dell’essere» 7. Donde l’altra asserzione, in cui la concettualizzazione dell’opera d’arte come realtà si trova espressa
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dell’estetica, troviamo: «La ‘forma autonoma’ nella quale si manifesta la particolarità dell’arte non è un’idea che pretenda di essere in pari tempo
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può essere trascurato o minimizzato. F. se allora si afferma che codesta realtà senza esistenza è l’arte, saremo arrivati all’arte senza trafile
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Si sono così distinte le attitudini fondamentali che possono essere assunte dal ricevente verso l’opera d’arte. In primo luogo sta l’attitudine di
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’arte intesa nella presenza che realizza. L’opera d’arte si trova ad essere configurata, una volta rescisso il cordone ombelicale con l’autore, come
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Il messaggio non è in sé, la sua struttura è elaborata in vista di potere essere ricevuto, e la possibilità di essere ricevuto è insita nella sua
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il messaggio non sembra che ci sia nulla nell’opera d’arte, in qualsiasi opera d’arte, che non possa essere messaggio. Ma il messaggio non è in sé e
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non rivela originariamente la natura di messaggio: può esserlo in via secondaria, collaterale, oppure può essere accettata in quanto tale come
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Shannon e Weaver oltre che di Wiener 27, che la separazione fra informazione e significato viene ad essere legittima solo nella formulazione della teoria
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messaggio risiede nella quantità di informazione, idest d’originalità, che contiene, l’opera d’arte deve spesso alla originalità di non essere compresa
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un repertorio (codice) che possa essere decifrato dal destinatario del messaggio stesso: la sua essenza non sta nel prodursi in presenza, ma nella
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stimolo può essere prodotto da un’infinità di differenti sollecitazioni esterne, e cioè ad uno stesso stimolo non corrisponde sempre uno stesso oggetto
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per convalidare che non debba essere fatto assurgere a struttura dell’opera d’arte quello che non costituisce struttura, ma antefatto o sottofondo, e
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Se dunque astanza e semiosi caratterizzano i due modi di essere fondamentali della coscienza, o, come si è detto, le dimensioni proprie e le sole
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non sono opere d’arte, anche se potranno recuperarsi all’interno di opere d’arte: l’analisi strutturale elaborata per il linguaggio, può essere
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, se, invece che da una fotografia, l’indagine si fosse mossa, poniamo, dalla Donna velata di Raffaello o dalla Loge di Renoir, si potrebbe essere
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manifesta. Il codice in cui è redatta deve essere conosciuto in se, ma non, come il codice di una lingua, per i significati che convoglia. E ciò spiega
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primo a dovere essere chiarito è il concetto di causa, secondo che è stato già accennato nel capitolo iniziale. E si dice il primo, a questo luogo
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’esistente, dall’altro come principio che né l’est del nihil est sine ratione colpisce l’essere. Donde si giustifica la qualifica che ne dava Leibniz
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, come categoria della relazione, concetto puro dell’intelletto, viene a porsi a priori, e, sciolta dal riferimento all’essere, torna al fenomeno, si
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ragione tratta della ragione, del fondo. Il principio di identità potrebbe dunque essere fondato sul principio di ragione. Di tutti i princìpi primi
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di causalità, ma il principio che, nella ratio pone l’essere, per cui l’essere è la ratio, il fondamento supremo. Ma quale è in definitiva il movente
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valido solo dove possa essere verificato. La vera disintegrazione non è dunque quella dell’a-priori kantiano, ma della concezione deterministica del mondo
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potendosi avere pensiero valido al di fuori del principio di identità, il principio di indeterminazione non avrebbe potuto essere formulato, se un
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causalità possa essere applicato.
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guasto. Ma noi sappiamo che non si può caratterizzare la causa senza l’effetto, e pertanto l’intenzionalità non può essere configurata come causa proprio
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