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posizione che finora non era stata chiaramente isolata, posta l’indistinzione fra i due generi di critica. Anche nei casi nei quali è stata fatta, e magari
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simbolico della sua nascita; era inevitabile scindere in due fasi fondamentali il processo creativo, e tali due fasi risultano dalla stessa indagine
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tuttavia non restava più la stessa: aveva mutato identità. Troppo ostava a che, sulla base dell’esperienza di quello che era stato lo sviluppo delle
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Ma se questi sono i momenti fondamentali del processo creativo, di qualsiasi processo creativo, era inevitabile che potessero introdurvisi delle
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vero che la possibilità di un tale sviluppo, in apparenza abnorme, era insita nella struttura stessa in due tempi del processo creativo: al punto che
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presente al passato, perché tuttavia era già di quell’arte che richiede l’integrazione dello spettatore. Così si spiega il sinecismo dell’arte chiusa con
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artistici nei quali si era più espressamente dichiarata la riduzione ad una sola fase del processo creativo, e cioè la fotografia ma soprattutto il
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cui neppure sopravvive indenne quella specie di chiesa separata dell’architettura moderna che era rappresentata da Aalto. Si deve intanto ricordare e
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D’altro canto il contrasto intimo dell’architettura moderna era proprio quello di avere come tema lo spazio interno (e con ciò tutta la sua polemica
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’orizzonte ontologico, di cui la religione aveva monopolizzato solo la regolamentazione pratico-rituale. Neppure la schiavitù era riuscita ad abbassare la
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Per Hegel la morte dell’arte era una deduzione del suo sistema più che derivazione dell’apprezzamento, pur tendenzialmente negativo, dell’arte del
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della immagine ai fini artistici» 17. Ma quando queste parole venivano scritte, col pensiero appuntato alla pittura informale, era accaduta, pur da
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quella attuale che sembrerebbe pianamente attestarla. Mentre la morte hegeliana tornava di scena perché Marte non era più semantica, si veniva già a
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senso in cui quella che un tempo era corretto definire avanguardia, oggi si definisce di fatto, come sperimentalismo.»
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avanguardia scade a designare il semplice traguardo del presente. Sicché se l’astrattismo di ripresa post-bellica non era avanguardia, perché chiaramente
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rifiuta di dare qualche utile informazione sulla sua essenza. La fotografia nasce dalla camera oscura, e la camera oscura, a sua volta, era stata
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quando il parallelismo risultava palmare, fino al 1910, questo parallelismo non togliesse di vista qualche particolarità che in primo luogo era apparsa
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secolo era parso che pittura e fotografia, anche come ricerche formali, andassero di conserva.
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queste distanze si accorciano nel modo inverso a quanto avveniva quando la fotografia faceva Corot o Courbet o Degas. Allora era chiaro che la visione
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era assuefatti.
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). Ma come il flou, che corrodeva contorni precisi dell’immagine fotografica fosse un errore, se ne vede la controprova quando era apparso anche nella
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Perciò era naturale che l’autentica fotografia fin dal principio, e sempre di più, non appena la disponibilità di un materiale più sensibile e il
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Naturalmente la possibilità di queste deviazioni era insita nella natura ambigua del cinema come riproduzione. Il ragionamento che serviva a
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1944 la pittura era figurativa e l’astrattismo rappresentava solo un ramo cadetto delle arti dette figurative. L’accelerazione con cui certe
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, era confluita nella op-art, in cui la sublimazione dovrebbe avvenire all’inizio del processo di programmazione per migliorare la produzione
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fotografia: va notato subito tuttavia che l’evento si era presentato per la pittura già indipendentemente dalla fotografia, che non era ancor nata, come
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confondere con un quadro di Sciltian o di De Francesco. Comunque, il procedimento comune a tutti, è la riesistenzializzazione di qualcosa che già era
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piramide: né Leonardo poté ignorare un dipinto che era ancora famoso a Firenze cinquant’anni dopo il suo cartone memorabile, ora alla National Gallery di
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interpretazioni si erano sovrapposte per tentare di svelare la trama sottogiacente del dipinto: la prima era letteraria, la seconda filosofica, la terza allegorica
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Panofsky aveva rilevato un’evoluzione, nel modo con cui era stata intesa la frase «Et in Arcadia ego», apparsa come iscrizione (frammento) funeraria, circa
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defunto [...] quindi non ‘io sono’ ma ‘io sono sepolto’ [...] Ma chi era sepolto in Arcadia?» E il Della Corte riesuma che Terenzio, il famoso
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Per cui «l’istituzione della verità nell’opera [d’arte], è il prodursi d’un tale esistente [di una tale realtà] che non era prima e mai sarà più in
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, che non era mai nata e a cui quindi non si danno né seguiti né surrogati. Chi non scende a tanto, ma rifugge da una nozione soprastorica, metafisica
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Nelle due ultime attitudini l’opera d’arte ha dunque subito, nella coscienza del ricevente, una valutazione che finora non si era incontrata, e cioè
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, secondo un criterio economico. D’altro canto la riduzione dell’informazione a quantità era fatta in vista di una formulazione matematica, e proprio in base
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che la condizione indispensabile della recezione dell’opera non viene isolata dalla storicità dell’evento, in cui ogni volta si produce, come era
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Ci siamo dilungati nel riportare la critica del Boas al Dewey, perché, essendo una critica formulata in terreno finitimo a quello del Dewey, era
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può esser segno, dal momento che il suo esser segno dipende dal comportamento di chi come segno lo interpreta. Proprio per questo era inevitabile che
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. Il giro mentale con cui perciò il Morris designava il segno estetico (idest, le opere d’arte) come apprezzatore, era quanto doveva poterlo fare
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, in quanto suono, solo strumentalmente, come esibizione del significato di cui era portatore nella parola 2. Nella poesia il suono riacquisterà un
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Dal nostro punto di vista la facilitazione che Barthes si accorda con l’immagine pubblicitaria non è affatto una facilitazione: era una necessità
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pittorico, come non era la prima articolazione del linguaggio linguistico. Al quale non appartengono, nonché le percezioni, neanche le espressioni del tipo
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Spitzer lo dava per risolto in anticipo sostenendo una critique des beautés, in un certo senso a fondo perduto, che, come egli diceva, era una vera
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irreversibile delle fasi di un determinato processo naturale, era ovvio che la causa venisse a configurarsi come uno schema sintetico, che il pensiero
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staccare un principio dall’altro, la diversità delle formulazioni proposte, risente ancora dell’ambivalenza originaria con cui era stata pensata la
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un mutamento radicale proprio alla base del determinismo, che era la conseguenza inesorabile della fissità delle leggi della meccanica classica, la
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...» Ora, porre la qualità come una quantità che costituzionalmente non si possa misurare, non è un assurdo: né era assurdo, per Aristotele 31 di
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deduce dalla conseguenza dell’atto stesso, in quanto che l’intenzionalità esiste anche se l’atto non ha sortito «effetto», perché l’interruttore era
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per il nostro interesse.» Qui dunque avviene l’insorgere dei giudizi di possibilità oggettiva, che superficialmente si ritengono oziosi (e tale era
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applicazioni, che lasciarono, riguardano quasi esclusivamente la letteratura. Da questa carenza, per cui nel campo delle arti dette figurative non c’era
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