Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
passato secolo, e dei primi passi, se non bene sicuri almeno belli e generosi, che poi uomini di alto intelletto impressero sul suo sentiero. La
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Ma se al regio architetto Paoletti si deve grande riconoscenza per quello che fece, più assai conviene tributargliene per quello che seppe insegnare
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architettoniche degne di essere ammirate. Però di suo fece poco e non bene, se vogliansi eccettuati alcuni riattamenti in Venezia al Palazzo Regio, a quello
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; rammenteremo solo che fa in grazia sua, se furono scoperte le celebri pitture giottesche della cappella del palagio del Potestà in Firenze, di cui
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andarono disperse. Fu questa per lui la più grande delle sventure, e tanto se ne accorava che infermatosi, un lento morbo lo condusse al sepolcro. Lasciò
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dal Fossombroni. Ne discorse da se stesso il Manetti nella Memoria sulla sistemazione della Val-di-Chiana e sul bonificamento dette Maremme, stampata
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, nè a sufficenza esposte e dichiarate, da cavarne idee generali, che rispondano al diffìcile quesito se l’arte sia o no veramente in progresso tra
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il gran Michelangelo avrebbe veduto avverarsi la sua profezia, se oltre la tomba si conoscessero le umane miserie.
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sue opere fatti dallo stesso Canova tanto parco encomiatore. Se la fortuna avesse fatto gareggiare il Ricci con altri artisti di pari valore, forse
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noi ricordarne brevemente le più famose statue. E prima quella voluttuosa Baccante, la quale menò tanto grido di sè, e che sebbene respiri tutta
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modulare la dolcissima aria del Bellini: "E se un’urna è a me concessa Senza un fior non la lasciate", che già soleva ripetere con arte sovrana e
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Sarzana (n. 26 luglio 1814, m. 22 luglio 1856) fu aggraziato statuario, se non molto nuovo nei suoi concetti, abilissimo però a condurli con assai
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indefessamente se ne rese padrone, tanto da meritare nome tra i migliori. I suoi fregi e bassorilievi nel quartiere della Meridiana ai Pitti, i due
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Però non crederemmo avere sodisfatto intiero l’obbligo nostro, se dopo aver parlato della Scultura, non ricordassimo quel bravo CLEMENTE PAPI, che ha
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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a
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comparata, che in gran parte sono opera sua, come tutti dovrebbero sapere, se almeno per la storia dell’arte, si ponesse a ciascun lavoro un
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Singolare grido di sè aveva levato in sul principio del secolo VINCENZIO MEUCCI (n. 1694; m. 1766), e benché lo dicessero il miglior frescante del
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A Siena APOLLONIO NASINI, ultimo di questa famiglia di pittori (n. 1689, m. 1768), aiutò nelle opere Giuseppe suo padre e lo zio Antonio. Ma se bene
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PIETRO PETRONI di Pontremoli (m. in età avanzata nel 1803), che che ne dicano i biografi municipali, fu mediocrissimo pittore; e se ottenne per
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province italiane e delle nazioni sorelle1. Intendemmo dunque scrivere una succinta relazione e niente altro: se in avvenire, la buona ventura ci seconderà
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gli errori, ci faremo lecito domandarle, con gli occhi fìssi sopra le opere odierne, se il Bezzuoli erede del Benvenuti e del Sabatelli, facesse
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Lorenzo, ove espresse i popolani di quella terra, che ringraziano Dio per essere stati liberati dal terremoto. Se quest’opera, degna di antico
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spese volentieri il tempo, lo distogliessero dall’operare di suo; pure dipinse assai e con sì grande amore da lasciare fama di sè. Le cose sue principali
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.) non fu nell’arte da meno del padre e del fratello, e forse l’uno e r altro avrebbe superati se più lunga gli fosse durata la vita. Disegnò da prima
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Prometeo, ma riuscì inferiore a sè stesso. Uno dei suoi migliori quadri però è la morte di Sofonisba, che poi nel 1840 espose in Milano. Chiamato a dirigere
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Ma se i sovrani della famigia de’ Medici ebbero tutti a cuore quest’arte, ci piace tuttavia confessare, che pei Lorenesi fece nuovi e importanti
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Se favellando delle tre arti sorelle dovemmo magnificarne il risorgimento, discorrendo dell’intaglio in Rame che di esse rende giusta e gradevole
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Contemporaneo al Bartolozzi si levò nell’arte un altro fiorentino, VINCENZIO VANGELISTI (n. 1744 circa, m. in Milano nel 1793), meno grande, se
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conto del Volpato (1781); il quale moltissimo sperando da lui, volle stringerlo a sè anche coi legami della parentela e gli dette in isposa la propria
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Laonde se fin qui, senza tener conto delle antiche tradizioni, senza nemmeno degnare di uno sguardo gli stupendi monumenti dei bei tempi dell’arte
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l’antico monastero di Annalena. Ma se il Del Rosso fu tenuto in buon conto siccome artista, assai maggior lode meritò come archeologo. Discorrere qui
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, studiò diligente sopra le opere dei migliori, e senza imitare nessuno si fece uno stile proprio e originale. Se la vita gli fosse durata più lunga, l
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finitissime. Ma se le cose accennate fin qui dicono il Perfetti incisore valoroso, non minor lode gli merita l'essersi posto a capo di quella bella schiera d
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modo con rara abilità. Preparavasi ad illustrare la basilica di San Miniato al Monte, quando la morte lo rapì immaturamente mentre dava di sè tanto
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