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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254939
Saltini, Guglielmo Enrico 31 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

questo lungo e fiero cozzo d’idee, che i meno savi deridono, e i più seguono trepidando, perchè sanno doverne uscire la ragion d’essere di un periodo

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ordine di date), uscirono dalla sua scuola; laonde anche per questo rispetto merita d’esser chiamato restauratore dell’arte. — Giuseppe Valentini da

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questo superbo monumento sia un medesimo pensiero in un sol tempo eseguito. E ancora devonsi a lui i restauri della loggia dell’Orcagna, e specialmente

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concorso, e in fine il grandioso per la formazione del mentovato nuovo quartiere, aperto nella città nostra tino dal 1845. Questo, che con poche e lievi

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corpo degli ingegneri del governo. Dei molti e pregevolissimi lavori che fece in questo impiego basterà ricordare la colmata di un vasto territorio

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maestri. E da ciò si potrebbe trarre argomento di vita; la quale vogliamo sperare apparirà manifesta a questo concorso aperto per la facciala di Santa

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Pompeo Giuseppe Signorini, sono degni di ammirazione; questo singolarmente, ove a ricordare le virtù del defunto, che fu non timido amico del vero, l

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scultura. Dire quali fossero le sue prime opere, i suoi studj artistici, i viaggi che intraprese anche in regioni straniere non è da questo luogo; basti a

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Contemporaneo al Bartolini e non indegno di stargli appresso fu il fiorentino LUIGI PAMPALONI (n. 1791, m. 17 dicembre 1847). Dei meriti di questo

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dardo col quale disegna ferirti. Questo putto insieme al piccolo pescatore (1861), fu sempre ammirato da quanti lo videro, perchè v’è dentro ispirazione

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questo suo bellissimo metodo, il Papi gettò anche in bronzo piante, fiori e animali formati sul vero, la superfice dei quali non può alterarsi con

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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a

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differenti suoi visceri, staccarli, riunirli, ed anco aprirli per conoscerne la interna forma. Questo corpo intiero ed altre preparazioni parziali

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convenientemente, sarebbe di mestieri uno speciale resoconto; basti dunque a testimonianza del merito questo ricordo e la nostra intenzione.

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Oloferne. E non si tosto venne scoperto questo macchinoso dipinto (1804), che il nome dell’artista fatto europeo, parve rivendicare all’Italia il

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Molte e tutte lodate furono le opere che lasciò questo pittore; eccone le principali. La parabola del Samaritano, che per la bontà delle tinte parve

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per far riscontro al suo al Sabatelli, che vi dipinse Abigail ai piedi del re David. Fu questo il più grandioso dei suoi lavori a olio; sebbene i tre

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Tutto quanto si racconta in questo libretto intorno ai principali architetti, scultori, pittori e incisori toscani, che sono stati da mezzo il secolo

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disegno, questo artista del nostro tempo potrebbe dirsi sommo. Nondimeno raffrontandone i grandi meriti coi difetti (alcuni dei quali inerenti forse a

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Vediamo in breve quali fossero i lavori principali di questo artista che mirabile a dirsi, lasciò fatti circa duecento quadri. Tornato appena da Roma

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normanni, gli esorta a domandare a re Giovanni la conferma della Magna Carta. Morte gl’impedi compiere questo dipinto già in molta parte condotto. Il

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mentre con affetto caldissimo andava vestendo di colori questo disegno, sentì il grande e infelicissimo giovane venirgli meno le forze per etisia

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Firenze, un Cristo bellissimo, e quella non ancora compiuta de’ Maccabei, sono opere che possono dargli nome tra i primi. Anche questo artista ha già

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considerarsi come materiale imitazione dei dipinti. Questo modo di lavorare, che fino dal secolo XIV era noto in Toscana, come sanno coloro che le

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esso, i fregi che debbono ricorrervi e infine lo stesso paliotto, ove è espressa la cena di Gesù in Emmaus, sono già maestrevolmente condotti. E questo

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poco fece nè cose di gran conto. Appartengono pure a questo periodo i fiorentini — ANTONIO GREGORI fratello di Ferdinando, che ebbe una certa dolcezza

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, miseramente si uccise, dopo aver prima rovinati col bulino e con l’acqua forte i migliori rami che avesse fatti. Una delle stampe più stimate di questo

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Erede del nome e della fama di questo artista fu GIOVAN PAOLO LASINIO suo figliuolo (n. in Firenze 1789, m. 8 settembre 1855), che riuscì incisore

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a questo valent’uomo, ci passeremo come abbiam fatto con tutti; ma non vogliamo tacere che l’istituto di Francia lo volle tra i suoi, perchè le

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acque termali di San Filippo alle falde del Monte Amiata, non molto lungi dalla via di Roma. Fece egli conoscere che questo tartaro, poteva depositarsi

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Maddalena di Carlo Dolci, una Madonnina pel Villardi, e la Beatrice Cenci da Guido. In questo, mancato il Morghen, parve a Ferdinando III fosse degno di

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