Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
considerarli nulla lasci a desiderare. Ma per dar mano a questa grande opera, bisognava raccogliere da ogni parte nuovi documenti e memorie, le quali appurando e
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quartiere Napoleone ai Pitti, gli ornati delle sale dell’Iliade e d’Ercole nella galleria di questa istessa reggia, e finalmente la facciata anteriore e la
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condusse a fine degnamente. La facciata di mezzogiorno e molte interne parti di questa fabbrica saranno sempre al loro architetto argomento di bella lode
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andarono disperse. Fu questa per lui la più grande delle sventure, e tanto se ne accorava che infermatosi, un lento morbo lo condusse al sepolcro. Lasciò
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del marmo, a quelle più vere della scultura. Lo dica quello stesso velo di che volle coperta la faccia di questa Fede, per secondare il gusto
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Santa Maria Novella di Firenze, e gli altri due nel tempio di Santa Croce di questa istessa città, eretti al pollacco Michele Skotnicki, e al celebre
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l’arte, e la fatica più lunga, fu nel monumento che il figlio Anatolio volle modellato da lui per Niccolò Demidoff. Opera è questa da reputare
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però non sempre riuscisse a rendersi conto di questa doppia fatica del pensare e del vedere. Da ciò i precetti di lui non sempre rispondenti agli
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questa stupenda figura, che quasi fu dubitato se l’artista avesse potuto mai superarla. Ma il Caino, la statua di Giotto scolpita per il portico degli
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Non pertanto questa presente istoria delle arti nostre, che quasi ci vedemmo svolgere sotto gli occhi, o perchè sembrassero vietarlo rispetti di
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facili a lodare le cose nostre, magnificarono a gara il Susini, e il Lassus, a nome dell’Istituto di Francia, gli scriveva: «questa specie di anatomia
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’Accademia di Belle Arti; e anche in questa città condusse assai lodati dipinti, sebbene però non riuscisse mai a vincere in pregio l’Appiani. — Nè
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A Siena APOLLONIO NASINI, ultimo di questa famiglia di pittori (n. 1689, m. 1768), aiutò nelle opere Giuseppe suo padre e lo zio Antonio. Ma se bene
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fondata in Milano (1790) una scuola d’intaglio in rame, gliene affidò la direzione. E scuola fioritissima fu questa, dalla quale usci Giuseppe Longhi
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(1803); e questa con bell’esempio di non più veduta celerità, avendone al tempo istesso inciso il ritratto all’acqua forte sul rame, e tirate alcune copie
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disegni delle antichità ercolanensi fatti maestrevolmente da Elia suo fratello. Famiglia d’artisti era anche questa e tutti valenti. In breve il giovinetto
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sopra forme di zolfo in modo da assomigliare al marmo pario e ai più duri alabastri. Di questa sua scoperta, che avvivò in quei luoghi una nuova
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galleria de’ Pitti. Scopertosi poi in questa città, nel già refettorio di Sant’Onofrio delle monache di Foligno, un mirabile dipinto, che parve ad alcuni
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appresso di tutti il desiderio nostro ardentissimo di deporre una fronda sull’altare di questa bella e gloriosa terra toscana, cultrice antica e
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