Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
il restauro della villa di Scornio su quel di Pistoja, proprietà allora del cavaliere Giuseppe Puccini; quello del teatro dei Ravvivati, e il Panteon
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, mutarono le sorti della Toscana, e quel lavoro rimase sospeso, finché sotto i Francesi lo finiva il Cacialli. Pure non mancarono al Poccianti, nominato
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Paolo eretta in Livorno nel 1832. Eletto poi gonfaloniere nella nostra città, nel 1842 procurò che dal Comune si aprisse più ampliamente quel tratto di
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Livorno la vasta Casa Pia di Lavoro, che immaginò e diresse, sono le sue opere principali. Ma entrati in quel luogo per forza d’arme nel maggio del
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bacino di quel porto il disegno del nuovo da costruirsi in Livorno; ma crediamo che nulla poi si facesse di ciò, e l’opera cadde in mani straniere
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di festini; la canonica del Duomo rifatta nel 1826, dopo avere in parte atterrato l’antica per ingrandire da quel lato la piazza; il restauro interno
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opere all’insegnamento. Ed in vero pratica dell’arte ebbe poca, come mostra quel suo deposito scolpito per Giuseppe Bencivenni Pelli, oggi nel
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affetti terreni, pure non ti offende; poi quel gruppo veramente sublime della Carità (1824), rappresentata in una donna d’alto lignaggio, come la dicono le
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monumento di Genova, che quel grande statuario lasciò incompiuto. Ma neppure al Freccia bastava la vita a condurre l’opera, di cui solamente fece il
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Buonarroti, che nel 1842 fu posta sotto il portico degli Uffizi, sono opere per concetto, ed esecuzione commendabilissime. Quel Michelangiolo poi che pensa
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Però non crederemmo avere sodisfatto intiero l’obbligo nostro, se dopo aver parlato della Scultura, non ricordassimo quel bravo CLEMENTE PAPI, che ha
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ignobilmente finire, senza nemmeno la gloria della bella morte. Abbandonata la imitazione della natura, e la scelta di quel bello, che in gran parte nel
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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel
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appena, il Benvenuti venne chiamato a dirigere la nostra R. Accademia. E da quel tempo può dirsi che incominciasse per l’arte una nuova èra. Abbandonati i
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suo cinto maraviglioso; la stessa sposa di Giove che risveglia il sonno nella sua grotta, e quel terribile Aiace che scaglia una gran pietra sopra
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composizione. Ricordiamo la sala d’Ulisse ai Pitti, ove rappresenta quel saggio che ritorna ad Itaca sua, e la cappella Spinelli in Santa Croce di Firenze
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alla Scienza. Nè vuol tacersi, per mostrare che attese anche alle opere decorative, di quel sipario per il teatro della Piazza Vecchia, ove è Dante che
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, nitidezza e grandiosità nel taglio, e così bene vi si ammira serbato il carattere di quel celebre dipinto. Dopo la Giurisprudenza intagliò il miracolo del
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miseramente; dopo quel tempo qualche sano intelletto non ancora affatto guastato dalla corruzione universale, tentò riprendere i buoni studj, e questi
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lui eseguita in Firenze nel 1787, insieme alla nuova disposizione interiore di quel pio luogo; e la fabbrica non spregevole del Conservatorio di
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PAOLETTI fiorentino (n. 7 dicembre 1727, m. 19 febbrajo 1813). Dotato da natura di quel gusto squisito che le anime gentili sentono, ma che non s
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