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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254964
Saltini, Guglielmo Enrico 42 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

Rosenstein e un altro reale a Stuttgard, ambedue di buon disegno; nella città medesima una cavallerizza, che è tenuta tra le più grandi della Germania, e

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semplici forme ma di monumentale solidità; una cappella dedicata alla Vergine nella chiesa dei Minori Osservanti a San Romano, e intraprese la riduzione

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Paolo eretta in Livorno nel 1832. Eletto poi gonfaloniere nella nostra città, nel 1842 procurò che dal Comune si aprisse più ampliamente quel tratto di

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lavori del bonificamento della provincia grossetana, e nel 1831 professore di fisica teoretica nella patria università. Visitò nel 1836 la Francia e l

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concorso, e in fine il grandioso per la formazione del mentovato nuovo quartiere, aperto nella città nostra tino dal 1845. Questo, che con poche e lievi

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cui riuscì non secondo a nessuno dei contemporanei. A Napoli fece le prime prove nell’operare, aiutando Antonio Niccolini, artista suo compaesano, nella

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LUIGI BETTARINI di Portoferraio (m. oltre gli anni sessanta il 21 dicembre 1850) fu architetto di molto valore. Napoleone I nella breve prigionia

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canonica della chiesa dei Santi Apostoli nella nostra città, eseguito nel 1829; molti disegni di restauri dei monumenti romani e alcuni d’invenzione

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Non pertanto Pietro Leopoldo I riformando l’Accademia di Belle Arti, nella speranza di ridestarle dal letargo in che erano miseramente cadute, volle

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di assai gusto e sapere. Il monumento del vescovo Niccolò Marracci nella cappella della Madonna in Arezzo, quello del senatore Ippolito Venturi in

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20 gennajo 1850). Di poverissimi parenti, la fortuna ingenerosa gli negò perfino ogni elementare insegnamento, e fu garzone di fabbro nella officina

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morale (nella quale operazione della mente, non ebbe fin qui, nè forse avrà mai chi gli stesse a paro), cercava nel vero le forme più adatte a

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vestito del lucco, tutto assorto nel suo concetto, appoggia il destro braccio alla tavola, ove è delineata la pianta del tempio, e tiene nella sinistra

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giovane di alte speranze. Applicatosi alle arti belle nella nostra Accademia, tanto andò innanzi nello studio, che dopo essere stato più volte premiato

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raccoglie le facoltà dell’intelletto, nella mano sinistra tiene la sfera, con la destra indica la sua teoria, e dalla espressione vivissima della testa

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straordinaria bellezza, sebbene condotti e finiti nella forma, senza bisogno di altre rinettature o ritocchi, eccetto gl’inevitabili in cosiffatti lavori

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CLEMENTE SUSINI fiorentino (n. nel gennajo 1765, m. 22 settembre 1814), attese al disegno nella nostra Accademia e riuscì in breve a dipingere e far

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GIUSEPPE TERRENI di Livorno, che fiorì nella seconda metà del passalo secolo, fu frescante e ornatista di moltissimo merito; come mostrano chiaro e

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non ha di lui che un sol quadro nella Chiesa di San Frediano, esprimente il transito di Sant’Anna. — STEFANO TOFANELLI (n. 26 settembre 1750, m. 30

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primi, come mostrano le sue pitture della sala di Giove nella galleria de’ Pitti. Questi fu pure maestro assai reputato nella nostra Accademia.

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Non pertanto dalla scuola del Petroni, ma non già per le lezioni di lui, uscivano per recarsi a Roma a cercarvi perfezione nella pittura due

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, specialmente nella reai Cappella, e quelli della SS. Annunziata e di Sant’Ambrogio; ed a porgere più adeguata idea di quella sua strana fantasia, basti dire che

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. Basterebbe ricordare le pitture della sala dell’Iliade nella galleria dei Pitti (1819), e principalmente lo sfondo della volta che figura il

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e studiata composizione; il giuramento dei Sassoni al primo Napoleone dopo la battaglia d’Iena; gli stupendi freschi della sala d’Ercole nella

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rappresentante Ulisse nella reggia d’Alcinoo che piange, udendo Femia cantare le vicende della guerra troiana; e il quadro del martirio di Santa Irene

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’arte, è GIUSEPPE BEZZUOLI di Firenze (n. 28 novembre 1784, m. 13 settembre 1855). Svincolatosi presto da quella durezza accademica acquistata nella

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, Giovanni delle Bande Nere al passaggio dell’Adda (1852), difettosa però nella composizione, e l’Eva che ascolta il linguaggio del serpe seduttore, che

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’Apelle, ai Pitti, la caduta dei gravi nella Tribuna di Galileo, quella stupenda Follia che guida il carro d’Amore in una sala del palazzo Gerini in

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altro nei freschi. E sebbene oggi le opere che fece non sieno in fama come ai tempi della sua giovinezza, non possono negarglisi pregi nella

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San Francesco a Pisa, è opera tenuta tra le sue migliori. Ma quelli che gli varranno l'immortalità sono l’ombra di Samuele che appare a Saulle nella

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Giuseppe venduto dai fratelli. Dipinse più tardi un salone nella Galleria de’ Pitti, ove intese effigiare il carro del Sole oscurato da Minerva e

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bellissima circolare ove è effigiato Apollo nella sua quadriga ornata dal ballo delle Ore, sostenuta dalle nubi e tirata da quattro focosi corsieri (1854

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E primo d’ogni altro per ordine di tempo si fa innanzi nella bella schiera dei nostri CARLO GREGORI di Firenze (n. 1719, m. 1759) che fu incisore a

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E degni di onorata ricordanza nella storia dell’incisione in Toscana sono i due Lasinio padre e figliuolo. — CARLO LASINIO di Trevigi (n. 10 febbraio

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Sacramento di Bolsena, da una delle grandi lunette che il medesimo Raffaello dipinse in Vaticano, poi il Parnaso del Mengs nella villa Albani (1784), la

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duomo d’Arezzo, eseguita nel 1796; il suo maggior altare nella chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, inalzato nel 1807, ma nel decorso anno disfatto

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, vennero a prendere stanza tra noi, e nella città nostra fino alla morte operarono, il Gara vaglia e l'Jesi.

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Giovita Garavaglia di Pavia (n. 18 marzo 1790, m. in Firenze il 27 aprile 1835), fu allievo prima dell'Anderloni, al quale prestò aiuto nella

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. in età avanzata il 21 settembre 1852) che fu suo aiuto nella scuola d’incisione all’Accademia di Belle Arti, e che lasciò alcuni pregiati lavori

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nella Santissima Annunziata di Firenze, le tre Sibille, la Cumea del Domenichino, veramente classica incisione, la Samia e la Persica del Guercino, poi

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nella Maddalena da Paolo Veronese, nel Bacio della Reliquia da Andrea, e nella Santa Famiglia da Raffaello, mostrò assai capacità nel maneggiare il

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traslocamento di una intiera volta dipinta a fresco da Matteo Rosselli 1, da lui immaginato e diretto nella mentovata villa dell’Imperiale, e il trasporto

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