Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
amico sincero: il quale per rivendicarlo dall’oblio immeritato ne scrisse una bella memoria biografica. E veramente fu degno di lode, perchè ebbe nell
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per assai tempo esercitandosi. Datosi con molto amore allo studio dei monumenti greci e romani, ne trasse gusto squisito, pratica delle buone regole, e
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andarono disperse. Fu questa per lui la più grande delle sventure, e tanto se ne accorava che infermatosi, un lento morbo lo condusse al sepolcro. Lasciò
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dell’Elba lo ebbe carissimo, e benché assai giovane designava affidarli opere importanti nell’isola. Nè l’età provetta smentì la gioventù promettitrice
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dal Fossombroni. Ne discorse da se stesso il Manetti nella Memoria sulla sistemazione della Val-di-Chiana e sul bonificamento dette Maremme, stampata
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, nè a sufficenza esposte e dichiarate, da cavarne idee generali, che rispondano al diffìcile quesito se l’arte sia o no veramente in progresso tra
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, nella protezione alle arti e nello splendido vivere 1. Nè per pregio di bellissima allegoria, nè per la stupenda esecuzione è inferiore a questo
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morale (nella quale operazione della mente, non ebbe fin qui, nè forse avrà mai chi gli stesse a paro), cercava nel vero le forme più adatte a
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può nè deve scordarsi mai d’essere per sua natura monumentale: a noi rimane accennare quali fossero le opere per le quali venne in cosi chiara
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diligenza e finitura. Le cose sue più pregiate sono un putto esprimente l’inverno, un San Giovannino e una leggiadra Psiche sedente. Nè vuolsi tacere che
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indefessamente se ne rese padrone, tanto da meritare nome tra i migliori. I suoi fregi e bassorilievi nel quartiere della Meridiana ai Pitti, i due
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in cera alcune parti del corpo umano con tanta precisione, che lo stesso Mascagni ne restò maravigliato, e si strinse al valente giovane coi legami
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cartellino col nome di chi lo fece. E quando Paolo Mascagni il celebre scopritore delle norme supreme dei vasi linfatici, volle che ne fosse fatta in cera la
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studiarne il risorgimento, vogliamo far sosta un poco, e vedere quali cose operassero questi pittori toscani dell’ottocento, non pochi di numero, nè
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conto. Più che altro si occupò di ritratti e, buoni o cattivi, ne fece a quanti forestieri capitarono in città; ed acquistò fama grandissima in gran
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tutti costoro avessero allora gran nome, oggi appena se ne ricordano le fatiche.
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PIETRO PETRONI di Pontremoli (m. in età avanzata nel 1803), che che ne dicano i biografi municipali, fu mediocrissimo pittore; e se ottenne per
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gli studj, fermò il domicilio, e operò. Che che ne sia, la patria serba di lui poche cose. Ricordiamo tra queste il quadro ov’è espressa santa
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primato nella pittura. Descriverlo non ci concede il tempo, nè d’altra parte lo stimiamo necessario ai nostri intendimenti; basti il dire che finitolo
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alla grande Inghilterra, che ne ha ospitato alcuni saggi nel palazzo della Esposizione Internazionale di Londra, insieme con quelli delle altre
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, che cerca ricondurre l’arte italiana alle prime e più vere sue tradizioni, giudica severamente questo pittore; ma noi, che pur troppo ne riconosciamo
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può dirsi l’ultimo suo lavoro. Amò anche dipingere il paese, e lo fece con abilità singolare, come ne porgono amplia testimonianza oltre l’Eva, diversi
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associano in coro un loro confratello morto, e la Messa cantata. — ANTONIO MARINI di Prato (n. 27 maggio 1788, m.10 settembre 1861), prese ad imitare ne
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con rara abilità, come ne fanno fede Giuseppe Ebreo che racconta i sogni ai fratelli, e il suo primo dipinto, Cristo che libera un ossesso, lavori
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disegnata. Il Monti scrisse anche di cose artistiche; lasceremo però a chi se ne intende, giudicare del merito dei suoi libri, che versano generalmente
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colori delle figure umane, e le mezze tinte, e gli scuri delle carni e delle vestimenta, nè più nè meno che possa fare il pennello. E siccome il lavorare
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metallica, nè celano abbastanza la immensa fatica dell’artefice; pure lavorò moltissimo, e sempre con amore. Una delle cose sue principali è la
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qui ne scrissero, come fosse suo pregio singolare quella delicata soavità d’espressione che metteva così bene nei lavori, acquistata forse dalla
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; la chiesa de’ Ricci da lui nel 1769 ridotta alla presente grandezza, e in fi ne il convento e l’oratorio di san Firenze dei Padri Filippini
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febbraio 1839) artista e uomo di lettere, che raccolse e dette in luce il Catalogo illustrativo delle opere d’intaglio del suo maestro, e anche ne incise
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da Raffaello, e il ritratto di Re Vittorio Emanuele II dal quadro di Luigi Mussini, sono due delle principali incisioni da lui eseguite. Nè vuoisi
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Nè tra gli artisti che in Toscana hanno atteso all'intaglio sul rame con amore, è da passarsi inosservato GIROLAMO SCOTTO, scolaro del Longhi, che
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architetti d’Italia; da Pietro Leopoldo I che ne conobbe il sapere, fu ascritto tra i regi architetti, ed ebbe poi cattedra nell'Accademia fiorentina
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