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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254896
Saltini, Guglielmo Enrico 49 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

considerarli nulla lasci a desiderare. Ma per dar mano a questa grande opera, bisognava raccogliere da ogni parte nuovi documenti e memorie, le quali appurando e

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Ma se al regio architetto Paoletti si deve grande riconoscenza per quello che fece, più assai conviene tributargliene per quello che seppe insegnare

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delle Fabbriche. Di qui poi l’incarico d’inalzare per la regina d’Etruria la facciata della villa deirimperiale; ma fattone appena il portico

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ritrovò le tracce nel 4844 mentre attendeva ad alcuni restauri. Ma non vogliamo tacere di alcune opere singolari che fece come primato architetto. Il

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palazzo di Viareggio rimasto incompiuto, sono monumenti che basterebbero soli alla fama di un artista. Ma l’opera sua degna dei più bei tempi dell’arte è

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, peregrinando a Roma e in altre parti d’Italia. Di ritorno alla patria fu ingegnere di ponti e strade e anche si piacque della scenografia; ma ebbe merito

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sarebbero compresi nell’antico edifizio molti fabbricati estranei, e tra gli altri la banca dei pagamenti. Ma i troppo magnifici concetti non sono pei tempi

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Noi abbiamo veduto qual fosse in Toscana l’Architettura innanzi che il Paoletti ed i suoi valorosi allievi la riconducessero a più veri principii; ma

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metropoli. Ma per quanto non mancasse lo Spinazzi di sapere e di gusto, per quanto conoscesse a maraviglia il meccanismo dell’arte, educato anch’esso ai

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di Lui. Ma la figura del nostro scultore che sembrò vincer le altre per gentilezza di sentimento è la Purità, modellata per la cappella del Poggio

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Ma restaurare veramente la statuaria in Toscana era serbato a LORENZO BARTOLINI (n. a Savignano su’poggi di Prato il 7 gennajo 1777; m. in Firenze il

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. 1795, m. 14 maggio 1853) ebbe da natura e dallo studio l’amore e la pratica dell’arte; ma per avversità di fortuna, non riuscì che tardi a levarsi

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Diremo ora dei viventi che onorano la scultura in Toscana. Ma qui ci si conceda più che altrove la parsimonia del discorso e dei giudizi

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che più gli tocca da vicino; non solo manca intieramente all’Italia, ma anche ci fanno difetto le memorie, che pure saremmo in debito stretto di

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cui il saggio dovrebbe riposare tranquillo all’ombra onorata delle opere proprie; ma diserto d’ogni speranza, gli si velò per un istante l’intelletto, e

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studio della zootomia e della filologia fu sua cura principale. E di questi lavori è ricco il nostro Museo, ma anch’essi si vorrebbero indicati con

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’incarico di formare un intiero gabinetto anatomico per l’Imperatore d’Austria, ebbe mestieri di circondarsi di aiuti. Ma dei quattro ammessi al suo

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Ma prima di lasciare la scultura e le arti che hanno con essa una più stretta attinenza, non vogliamo passare sotto silenzio quelle dell’intaglio in

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evo spuntò l’aurora della nuova civiltà, l'arte bambina promise Raffaello; ma nel passato secolo fatta decrepita, parve invece volesse lasciarsi

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e in altre parti della Toscana GIUSEPPE ROMEI (n. 23 giugno 1714, m. in sul finire del secolo); ma il suo nome dicono si raccomandasse specialmente a

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A Siena APOLLONIO NASINI, ultimo di questa famiglia di pittori (n. 1689, m. 1768), aiutò nelle opere Giuseppe suo padre e lo zio Antonio. Ma se bene

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, che serviva alle funzioni dottorali, e quella destinata alla musica nel palazzo de’ Pitti, furono pitturate da lui; ma l’opera che valse a dargli

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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel

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dipinto prima d’ottenere codesto ufficio, nulla più fece poi; e abbandonati affatto i pennelli, parlò sempre ai giovani scuolari, ma non disse loro pure

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ed affetti, ebbe comune la fama del Mengs. Ma taluno vorrebbe considerarlo, e non senza ragione, più romano che lucchese, perchè a Roma solamente fece

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lo stato dell’arte quando essi fiorivano. Ingegno e pratica delle matite e dei pennelli non possono loro negarsi, ma erano nulla più che manieristi

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immaginava dipingere intieramente il Duomo di Firenze. Ebbe però non comune scienza degli usi, riti e costumanze antiche, e incise all’acqua forte, ma

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Non pertanto dalla scuola del Petroni, ma non già per le lezioni di lui, uscivano per recarsi a Roma a cercarvi perfezione nella pittura due

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con Arunte figlio di Tarquinio il Superbo, gli vadano innanzi per merito di composizione. Ma dove il Sabatelli non ebbe rivali fu nel dipingere a fresco

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dipinto per la chiesa di San Paolo a Napoli. Ma una delle opere che più fece onore al Nenci sono i soggetti che disegnò maestrevolmente sulla Divina

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XVIII ai dì nostri, può dirsi presso che nuovo, ben poco trovandosene nei libri. Ma comunque la brevità del tempo che ci fu assegnato (poco più di un

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Ma il pittore che approfittando degli esempi del Benvenuti e del Sabatelli, seppe, mercè le doti che natura gli avea largito, far nuovi passi nell

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Ma uno dei meriti più rilevanti del Bezzuoli fu nel dipingere a fresco; e per coloro che hanno veduto di lui Alessandro il Macedone nello studio d

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sala del palazzo Estherazy a Vienna, ove rappresentò Giove e gran parte dell’Olimpo; ma tornato in patria, si dette ben presto ai soggetti storici e

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Ma i due artisti che sopra gli altri levaronsi per altezza d’ingegno, furono i figliuoli di Luigi Sabatelli, Francesco e Giuseppe, ambedue presto

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marzo 1776), contemporaneo del Benvenuti e di Luigi Sabatelli, attese all’arte con assai amore, ma seguitò gli esempi delle vecchie scuole piuttosto che

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’architetto lorenese Giadod, e la seconda ad un frate carmelitano di Rimini, per nome Giovacchino Pronti; ma le abbiamo per ciò ricordate, chè l’aver ricorso

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Ma se i sovrani della famigia de’ Medici ebbero tutti a cuore quest’arte, ci piace tuttavia confessare, che pei Lorenesi fece nuovi e importanti

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, disegnò anch’esso e incise assai bene a bulino. Stette prima molto tempo in Parigi, e poi tornato in patria successe al padre nell’insegnamento; ma

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la disciplina di Giuseppe Wagner, valente incisore a bulino ed all’acqua forte, e presto venne in fama di avere superato il maestro. Ma traendo poco

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vuolsi, ma più infelice. Dato saggio della sua abilità nell’intagliare in rame, con alcuni pensieri che fece per una raccolta pubblicata dal pittore Anton

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pel Dante ancora inedito di lord Vernon. Ma dove Giovan Paolo Lasinio raggiunse vera eccellenza nell’arte fu nei così detti generi a contorno e a mezza

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a questo valent’uomo, ci passeremo come abbiam fatto con tutti; ma non vogliamo tacere che l’istituto di Francia lo volle tra i suoi, perchè le

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Ma quegli che avanzò tutti nell’arte, e meritò di essere annoverato tra i primi incisori d’Europa, è RAFFAELLO MORGHEN (n. a Portici presso Napoli il

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, incominciato nel 1772. La facciata di questo convento è d’ordine dorico e dì buono stile, ma non così quella dell’oratorio, che per simmetria gli convenne fare

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eccellente dei tempi nostri. Ebbe a maestri il Longhi di Milano e il Rosaspina di Bologna, ma si attenne al fare del Longhi, come si vide fino dai

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circa il 1770, m. a Firenze nel 1816?) che intagliò con somma diligenza la Cena e l’Aurora incise dal suo maestro, ma in dimensione minore circa di un

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Ma l’allievo del Morghen che più sali in fama tra noi, e che oggi è capo di una bella e fiorente scuola d’incisori, è Antonio Perfetti di Firenze (n

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Ma l’uomo d’ingegno vigoroso, che colle fatiche e l’industria seppe emergere dalla oscurità a cui pareva lo avesse condannato la fortuna, fu GASPERO

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