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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254902
Saltini, Guglielmo Enrico 40 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

venturo. Lo studio della civiltà di un popolo comprende intiero e sotto ogni aspetto quello del suo sapere, e la storia artistica, scientifica e

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della mente. Appena decenne rimasto orfano del padre, lo zio paterno Vincenzio lo volle in Firenze ad attendere alle arti belle nell’Accademia. In breve

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, facendosi legge lo studio dell’antico e i nuovi esempi della bella scuola del Paoletti. Tali il Paccagnini di Montanino; il Fantastici, il Santi, il

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studi, operò quasi sempre con assai correzione ed eleganza, e n’ebbe onore in Italia e fuori, singolarmente appresso i Francesi che lo vollero membro

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caso, e molto attese alla correzione dei suoi disegni. La fabbrica detta della Sanità nel porto di Livorno lo mostra artista diligente.

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febbraio 4844) ebbe anch’esso ingegno volto a ben fare, come lo prova la costruzione del pubblico macello fatta in patria nel 4835, e quella del

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magnifiche arcate in linea retta per lo spazio di m. 3424,90 sino alla spianata intorno alla città. Gli archi sono 459 a pieno centro e di un diametro di

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andarono disperse. Fu questa per lui la più grande delle sventure, e tanto se ne accorava che infermatosi, un lento morbo lo condusse al sepolcro. Lasciò

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dell’Elba lo ebbe carissimo, e benché assai giovane designava affidarli opere importanti nell’isola. Nè l’età provetta smentì la gioventù promettitrice

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Montecatini alcuni fabbricati aggiunti a quelle Terme, e la così detta Locanda Minore, studiandosi di conservare con diligenza lo stile delle cose del

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noi; però ci sembrano almeno sufficienti a provare che non dorme neghittosa, nè schiva, secondo lo concedono i tempi, i precetti e gli esempi dei sommi

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metropoli. Ma per quanto non mancasse lo Spinazzi di sapere e di gusto, per quanto conoscesse a maraviglia il meccanismo dell’arte, educato anch’esso ai

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(n. 1765, m. 23 novembre 1837) suo allievo e poi successore nell’insegnamento. E che riuscisse assai valente scultore, lo dicano gli elogi di alcune

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eminentemente possedeva. A destra del riguardante e prostrata a terra sta una bellissima femmina, la Riconoscenza, che a lui si volge e pare lo preghi a

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figliuolina. Lo scultore la modellò dormente soavissimo sonno, e il fratellino superstite le pose accanto con un ginocchio piegato a terra, le mani

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mentre era intento a modellare un busto del Tasso, improvvisamente la morte lo rapì alla gloria che gli arrideva vicina. — GIROLAMO TURRINI di Firenze (n

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anche sua lodata opera il Dante seduto, che sta nelle sale dell’Accademia Labronica in quella città, ma non può dirsi lo stesso di quello che fece

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in cera alcune parti del corpo umano con tanta precisione, che lo stesso Mascagni ne restò maravigliato, e si strinse al valente giovane coi legami

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FRANCESCO CALENZUOLI fiorentino anch’esso (n. 4769, m. 46 marzo 4847), fu allievo del Susini, che lo prese seco di quindici anni, quando avuto l

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Lo stato della pittura a mezzo il secolo XVIII era in Toscana, come in ogni altra parte d’Italia, assai lacrimevole. Quando dalle tenebre del medio

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Singolare grido di sè aveva levato in sul principio del secolo VINCENZIO MEUCCI (n. 1694; m. 1766), e benché lo dicessero il miglior frescante del

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A Siena APOLLONIO NASINI, ultimo di questa famiglia di pittori (n. 1689, m. 1768), aiutò nelle opere Giuseppe suo padre e lo zio Antonio. Ma se bene

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lo stato dell’arte quando essi fiorivano. Ingegno e pratica delle matite e dei pennelli non possono loro negarsi, ma erano nulla più che manieristi

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, fu giudicato superiore a quante pitture erano state fatte da un secolo. Grandioso lo stile, bella la composizione, corretto il disegno, buono il

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’Accademia di San Luca, e del Benvenuti stesso amico suo, che poi lo raccontava con ammirazione, rifece il nudo a penna incominciando a tratteggiarlo dai

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amori d’Angelica e Medoro, opere che menarono assai grido in Firenze. Fu allora che il Benvenuti lo chiamò ad insegnare nell’Accademia, ove poi successe

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spese volentieri il tempo, lo distogliessero dall’operare di suo; pure dipinse assai e con sì grande amore da lasciare fama di sè. Le cose sue principali

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giovinetto Francesco, che lo andava aiutando in quell’opera, piacque al principe Leopoldo, il quale postogli singolare affetto, con reale stipendio, che del

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degli esperimenti nel collegio di San Giovannino (1838) e in special modo lo sfondo della volta, ove rappresentò la Religione cristiana che si rivela

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Quali fossero le condizioni di quest’arte nobilissima in Toscana intorno alla metà del secolo passato, lo dicono chiaro due monumenti allora inalzati

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esso, i fregi che debbono ricorrervi e infine lo stesso paliotto, ove è espressa la cena di Gesù in Emmaus, sono già maestrevolmente condotti. E questo

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immagine, lo diremo arte del tempo, perchè nel passato e nel presente secolo anche in Italia saliva grandemente in onore. E siccome gl’incisori toscani

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frutto dalle sue belle fatiche, a trentaquattro anni fermò stanza a Brompton presso Londra. E sebbene colà avesse allora grido lo Strange, il Bartolozzi

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a questo valent’uomo, ci passeremo come abbiam fatto con tutti; ma non vogliamo tacere che l’istituto di Francia lo volle tra i suoi, perchè le

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; opera insigne che, mirabile a dirsi! il nostro incisore condusse appena in tre anni (1797-800), e che mise negli artisti suoi contemporanei lo

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nostra, o interpretandone male a proposito il significato e lo stile, parve l’architettura durante il secolo XVII e la prima metà del XVIII scadere

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Ripoli, incominciata nell’anno stesso, sono belle testimonianze di gusto e sapere. E che il Salvetti fosse uomo culto e d’imparare amantissimo ce lo dice

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, morte lo rapi alla famiglia, agli amici, all’Italia, che già onorava in lui un figliuolo diletto. Questo artista guidato dall’altissimo ingegno suo

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modo con rara abilità. Preparavasi ad illustrare la basilica di San Miniato al Monte, quando la morte lo rapì immaturamente mentre dava di sè tanto

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Ma l’uomo d’ingegno vigoroso, che colle fatiche e l’industria seppe emergere dalla oscurità a cui pareva lo avesse condannato la fortuna, fu GASPERO

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