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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254912
Saltini, Guglielmo Enrico 50 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

correggendo le molte ma non sempre sicure che già possedevamo, spargessero lume dove rimaneva ancora tanta incertezza. Meglio chiarire la esposizione

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delle Fabbriche. Di qui poi l’incarico d’inalzare per la regina d’Etruria la facciata della villa deirimperiale; ma fattone appena il portico

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dell’istituto. Le cose sue principali sono la chiesa d’ordine dorico ai bagni di Montecatini (1824), la loggia reale per le pubbliche feste tutta in

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FRANCESCO PACCAGNINI di Montalcino (n. 1780, m. 1832) non mancò di sapere. È fatta sul suo disegno la bella scala del convento di Sant’Agostino a

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anni ventiquattro, ebbe dal principe la cura delle fabbriche dell’Opera del Duomo, e d’altri pubblici edifizi. Fu poi maestro dell’Accademia fiorentina

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AGOSTINO FANTASTICI da Siena (n. 1782, m. 24 luglio 1845) fu assai diligente nell’arte, che aveva imparata dal padre suo. La cattedrale di Montalcino

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caso, e molto attese alla correzione dei suoi disegni. La fabbrica detta della Sanità nel porto di Livorno lo mostra artista diligente.

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che fece sul Serchio, e la ricostruzione in città del teatro del Giglio quale oggi si vede, sono opere pregevoli; singolarmente quest’ultima, che ha

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principale come architetto. Il palazzo Pretorio in Pisa, la cui facciata, avuto mente alla forma dell’antica fabbrica, presenta pregi non comuni; e in

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dell’Elba lo ebbe carissimo, e benché assai giovane designava affidarli opere importanti nell’isola. Nè l’età provetta smentì la gioventù promettitrice

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, per la maggior parte ora esposti a Londra, e anche un bel trovato per migliorare Fattuale metodo di coprirei tetti, che ebbe le lodi dell’accademia dei

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Noi abbiamo veduto qual fosse in Toscana l’Architettura innanzi che il Paoletti ed i suoi valorosi allievi la riconducessero a più veri principii; ma

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maestri. E da ciò si potrebbe trarre argomento di vita; la quale vogliamo sperare apparirà manifesta a questo concorso aperto per la facciala di Santa

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sue opere fatti dallo stesso Canova tanto parco encomiatore. Se la fortuna avesse fatto gareggiare il Ricci con altri artisti di pari valore, forse

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Ma restaurare veramente la statuaria in Toscana era serbato a LORENZO BARTOLINI (n. a Savignano su’poggi di Prato il 7 gennajo 1777; m. in Firenze il

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celebrato artista disse in Italia e fuori la fama, e come al suo modo gentile di sentire gli affetti, rispondesse un gusto squisito dell’arte, che non

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Come Antonio Canova restituiva la vita all’arte statuaria richiamandola principalmente allo studio degli antichi modelli greci, Lorenzo Bartolini la

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nome, e fu da ricchi stranieri fatto ripetere più volte; e la Baccante, il Mercurio, la Danzatrice, la statua colossale di Ferdinando III a Livorno

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Diremo ora dei viventi che onorano la scultura in Toscana. Ma qui ci si conceda più che altrove la parsimonia del discorso e dei giudizi

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chi reggeva il paese, di erigere una fonderia, gettò in bronzo una statua di tutto rilievo che fu la Diana succinta, trovata a Gabi. Riprodusse quindi

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d’Europa posseggono le stupende opere sue, e ricco sopra ogn’altro ne è il nostro, ove la sola Venere decomponibile, basterebbe a farne durevole la

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degno erede dell’arte bellissima del Susini e del padre. Ricordiamo volentieri la più grandiosa delle sue opere eseguita per la Università della

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Ma prima di lasciare la scultura e le arti che hanno con essa una più stretta attinenza, non vogliamo passare sotto silenzio quelle dell’intaglio in

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ignobilmente finire, senza nemmeno la gloria della bella morte. Abbandonata la imitazione della natura, e la scelta di quel bello, che in gran parte nel

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parte scroccata. Lo dica agli intelligenti la effìgie che di sè stesso dipinse per la collezione della Galleria fiorentina. — Molto anche operò in patria

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ed affetti, ebbe comune la fama del Mengs. Ma taluno vorrebbe considerarlo, e non senza ragione, più romano che lucchese, perchè a Roma solamente fece

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le pitture della cappella del Sacramento nel Duomo della sua patria, e la sala elegantissima detta del Buon Umore, nella Accademia fiorentina di Belle

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secondo per la immaginazione feconda e per la prontezza nell’operare, ambedue per amore indefesso alle arti belle. Erano PIETRO BENVENUTI e LUIGI SABATELLI

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Molte e tutte lodate furono le opere che lasciò questo pittore; eccone le principali. La parabola del Samaritano, che per la bontà delle tinte parve

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’ingegno veramente originale, fecondo nell’immaginare e più ancora nell’eseguire, mirò a raggiungere la perfezione per nuove vie. Improntava a penna in sulla

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principii dell’arte, giovinetto ancora concorse ai temi proposti dall’Accademia milanese, e due volte ottenne il premio; la prima (1805) con un gran

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XVIII ai dì nostri, può dirsi presso che nuovo, ben poco trovandosene nei libri. Ma comunque la brevità del tempo che ci fu assegnato (poco più di un

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scuola del Desmarais (maestro francese allora insegnante tra noi), e a quella istessa del Benvenuti; col molto studio e la lunga pratica dell’arte

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al maestro. Fece anche per la chiesa di San Remigio, l'Arcivescovo di Rems che dà il battesimo a Clodoveo re de’ Galli, pittura di grandi dimensioni

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’Apelle, ai Pitti, la caduta dei gravi nella Tribuna di Galileo, quella stupenda Follia che guida il carro d’Amore in una sala del palazzo Gerini in

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composizione. Ricordiamo la sala d’Ulisse ai Pitti, ove rappresenta quel saggio che ritorna ad Itaca sua, e la cappella Spinelli in Santa Croce di Firenze

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prima fanciullezza fece manifesta la mente nell’immaginare feconda, e la mano prontissima a delineare sulle carte, con fieri e parlanti segni le sue

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Prometeo, ma riuscì inferiore a sè stesso. Uno dei suoi migliori quadri però è la morte di Sofonisba, che poi nel 1840 espose in Milano. Chiamato a dirigere

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; l’arco di trionfo fuori la porta a San Gallo, eretto nel 1739, quando Francesco II di Lorena veniva a Firenze per raccogliervi l’eredità medicea, e

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la disciplina di Giuseppe Wagner, valente incisore a bulino ed all’acqua forte, e presto venne in fama di avere superato il maestro. Ma traendo poco

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Domenico Gabbiani, passò a perfezionarsi a Parigi sotto la direzione del celebrato Giovan Giorgio Wille. Dopo sei anni (1776) tornato in patria

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belle tavole dei preziosi monumenti d’Ercolano e Pompei, pel Museo Borbonico che si pubblicava a Napoli. Fece quindi la raccolta dei sarcofagi, urne e

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Raffaello avviato all’arte prima sotto la scorta paterna, e poi da Giovanni Volpato, che teneva allora in Italia il primo luogo tra gl’incisori

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decoroso nelle masse, più conseguente nell’interno spartimento delle sue fabbriche, meritò giuste lodi. La facciata dello spedale di Bonifazio Lupi da

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E qui prima di ricordare la scuola del Morghen, vogliamo spendere qualche parola intorno a due celebratissimi artisti, che sebbene non Toscani

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incisione delle tavole patologiche del celebre Scarpa, e poi del famoso Giuseppe Longhi lombardo. Incise sotto di lui l'Erodiade del Luino, la Sacra famiglia

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. Vedansi per esempio il Sordello, e alcuni degl’intagli per la Divina Commedia impressa in Firenze dall’Ancora (1817-19). — FRANCESCO RAINALDI (n. a Roma

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premio. Fece poi in più tempi alcune bellissime stampe, tra le quali ci piace ricordare la nascita della Madonna da un fresco di Andrea del Sarto

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del Cardellino e l’altra la Bella Giardiniera, opere insigni di Raffaello, furono da lui incise maestrevolmente a genere finito, e la prima in ispecial

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Ma l’uomo d’ingegno vigoroso, che colle fatiche e l’industria seppe emergere dalla oscurità a cui pareva lo avesse condannato la fortuna, fu GASPERO

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