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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254965
Saltini, Guglielmo Enrico 22 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

, unanime si levò il compianto, e la voce dei contemporanei, a cui farà eco non perituro quella dei posteri, lo disse il primo e il più valente tra gli

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; rammenteremo solo che fa in grazia sua, se furono scoperte le celebri pitture giottesche della cappella del palagio del Potestà in Firenze, di cui

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principale come architetto. Il palazzo Pretorio in Pisa, la cui facciata, avuto mente alla forma dell’antica fabbrica, presenta pregi non comuni; e in

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fiorentino (n. 18 febbraio 1801) a cui si devono e l’elegante restauro della cappellina intitolata alla Vergine delle Grazie (1835), posta sul ponte d

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imbarbarito del tempo, che tanto si compiaceva di codesti materiali trovati, in cui tutt’al più si loda l’abilità di un lavoratore. Mancato lo Spinazzi (17

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cui non resta bastante terreno per riposare il capo nella veglia desolata. Rivelazione crudele, ma pur troppo vera, dell’umana società! E quel suo

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e scegliere da essa quelle parti che meglio rispondono al fantasma concepito, era il segno a cui mirava coll’alto intelletto il Fidia toscano, sebbene

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rinomanza. Il nome del Pampaioni si fece noto circa il 1827, per un piccolo monumento commessogli da certo signore pollacco a cui la morte aveva rapito una

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monumento di Genova, che quel grande statuario lasciò incompiuto. Ma neppure al Freccia bastava la vita a condurre l’opera, di cui solamente fece il

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Uffìzi (1845), l’altra di Sant’Antonino arcivescovo ivi pure collocata (1852), e la celebre base in cui volle con maraviglioso accorgimento rappresentate

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cui il saggio dovrebbe riposare tranquillo all’ombra onorata delle opere proprie; ma diserto d’ogni speranza, gli si velò per un istante l’intelletto, e

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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel

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accostarsi alla scuola veneta; la terribile scena dantesca della morte del conte Ugolino, eseguita pei signori Della Gherardesca, e in cui sono grandi

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quadri che fece poi pei marchesi Capponi, di cui fu particolare creato, esprimendo nel primo, Piero gran cittadino di quella illustre casata, che

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; nonostante vuolsi considerarlo tra i benemeriti dell’arte, che esercitò con passione, e insegnò come seppe nell’Accademia di Siena, di cui fino dal

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una sala al real palazzo, e che vengono stimate il suo capolavoro, e le due lunette per la Tribuna di Galileo in cui rappresentò: Leonardo da Vinci che

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Ferruccio a Gavinana, e la mentovata grandiosa tela degli Esuli, in cui l’artista volle rappresentare il desolato abbandono di Siena, che cittadini d

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attendere, perchè storpiato della mano destra, al mestiero del falegname a cui l’avean posto i poverissimi genitori, si mise al disegno per il quale

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suo comando eresse dai fondamenti nel 1787 il palazzo vescovile di quella città, la cui facciata spartita a pilastri di pietra, con ampia terrazza

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; intorno alla più vera effigie della quale lesse (1824) nella Società Colombaria, a cui appartenne, una bella ed erudita memoria. — GALGANO CIPRIANI

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E qui torremo finalmente comiato, dolenti di aver poco e forse mal sodisfatto al merito degli artisti di cui osammo favellare. Non pertanto valga

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Ma l’uomo d’ingegno vigoroso, che colle fatiche e l’industria seppe emergere dalla oscurità a cui pareva lo avesse condannato la fortuna, fu GASPERO

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