Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
veduta Roma, si dette ad operare e non senza lode. Sono ivi di suo disegno la Canonica di Santa Maria delle Carceri, la porta del collegio Cicognini e l
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della mente. Appena decenne rimasto orfano del padre, lo zio paterno Vincenzio lo volle in Firenze ad attendere alle arti belle nell’Accademia. In breve
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restauri, riattamenti ed in altre cose d’ingegneria, poco operasse di nuovo, la palazzina Ad Votum da lui rifatta in via Larga (oggi Cavour) è esempio di
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esser breve ricordo solo il teatro d’Arezzo, quello Alfieri di Firenze ricostruito dai fondamenti nel 1828, il palazzo Batelli edificato nel 1831 ad uso
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del padre. Pure sentendosi chiamato da naturale inclinazione ad altra via, dopo essere stato fattorino di un vetrajo e poi di un sarto, riuscì ad
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Calliope passandogli attorno al collo il braccio sinistro. Opera di ottimo concetto, maestosa ad un tempo e gentile. Ricorderemo in fine, passandoci di
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del disegno sotto il Bartolini: ma la sorte nemica gli attraversò ogni via ad uscire dalla miseria, e lo condusse a morte prematura in una squallida
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provetto. Nel 1830 modellò quel suo Gladiatore moribondo, figura colossale che basterebbe sola a dar fama ad un artista, tanta vi si scorge dignità nel
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Leopoldo I da valenti artisti toscani, ad imitazione di quelli fatti già da Michele Zummo di Sicilia; il primo che adoperasse la ceroplastica a
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abbandonata tra noi. Il Papi (n. in Roma il 31 agosto 1806) venne per tempo in Toscana e qua dopo ostinata perseveranza e studio indefesso, giunse ad eseguire
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tramandare con le opere ai figliuoli. Chè se questo rimprovero va senza restrizione di sorta ad ogni parte della penisola, molto più grave convien farlo a
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prima ad aiutare il maestro, fu poi anch’esso modellatore del R. Museo, e lungamente si adoperò con lui in quelle celebri preparazioni di anatomia umana e
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della Toscana, volle fare dipingere alcune sale della villa del Poggio Imperiale, ma in veder poi codeste pitture scoperte, ebbe ad esclamare sdegnato
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amarono di molto affetto; e quando fu commesso al primo il quadro della Giuditta per la cappella d'Arezzo, volle ad ogni modo che fosse allogato l’altro
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amori d’Angelica e Medoro, opere che menarono assai grido in Firenze. Fu allora che il Benvenuti lo chiamò ad insegnare nell’Accademia, ove poi successe
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composizione. Ricordiamo la sala d’Ulisse ai Pitti, ove rappresenta quel saggio che ritorna ad Itaca sua, e la cappella Spinelli in Santa Croce di Firenze
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dolci lusinghe d’amore. E vuolsi notare come dipingere donne avesse in uggia; e ad un amico che lo richiedeva di un ritratto femminile rispondesse
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Passiamo ora agli artisti viventi, a quelli che operarono o tuttora si adoperano ad onore dell’arte italiana! Giuseppe COLLIGNON di Siena (n. 19
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’architetto lorenese Giadod, e la seconda ad un frate carmelitano di Rimini, per nome Giovacchino Pronti; ma le abbiamo per ciò ricordate, chè l’aver ricorso
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progressi. E se fino allora, con poche eccezioni, tutte le opere si riducevano ad ornati e fiorami di specie diversa, da indi innanzi si pose mano a
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della non comune erudizione, rispondendo ad un programma dell’Accademia di Parigi intorno all’architettura egiziana. Dopo il 1791, reduce da un viaggio
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succedergli il Garavaglia, che accettò lieto il nobile ufficio nell’Accademia. E mentre attendeva ad incidere mirabilmente l’Assunta di Guido Reni
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modo con rara abilità. Preparavasi ad illustrare la basilica di San Miniato al Monte, quando la morte lo rapì immaturamente mentre dava di sè tanto
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Bagno Regio, elegante fabbricato ridotto poi ad uso di ospedale, e il cosi detto Stabilimento del Tettuccio, che comprende il gran cratere, donde
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