Le Fate d'Oro
tavola ne occupava il centro, e su quella tavola erano preparati cibi squi- siti. Bernardo sentì lo stomaco che gli ram- mentava di non avere mangiato
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All'ombra di un tiglio in fiore c'era un alveare che costituiva la ricchezza di un contadino. Quando le piccole celle del favo erano colme di miele
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occhi gli parve d'esser trasportato nel suo castello. Tutti erano cambiati: i servi portavano alta la testa e scherzavano lavorando; le ancelle della
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non c'era caso che s'affa- ticasse a contare: dei pioppi non ce n’era neppur uno. Entrarono in un bosco folto folto dove c'erano gli alberi fitti come
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Felice e Nennella erano figli di poveri pescatori. Un giorno camminavano scalzi sulla spiaggia, e vedendo uno scoglio, venne loro voglia di
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batte- vano continuamente i boschi; i cani erano sempre in moto, e la cerbiatta col collare di rose non si trovava. Intanto il collare di sangue del
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specchiarsi gettò un grido; gli orecchi le erano cresciuti già tanto, dopo che la vecchia glieli aveva tirati, e già su quegli orecchi incominciava a spun
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calata la notte e a un tratto si accesero d'intorno alla Regina mille faci lucentissime. Erano stuoli di lucciole che illuminavano le profondità del
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convito fu una disperazione generale e nessuno voleva por- tare al Re di cuori la triste e stupefacente notizia che erano sparite tutte le torte ma
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una fogliolina sola delle piante che c'erano nella grotta, l'avrebbe mangiata tutta in un boccone. Miserina pregò il moscone dalle ali d'oro di farle
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viaggiatori che erano costretti a fermarsi in quel punto per abbeverare i cammelli. - Oh! - esclamava - se potessi an- dare alla Mecca, avrebbero termine i
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animo, io ti aiuterò, non dubi- tare, ti aiuterò! » Il Conte si sentì consolato da quello sguardo. Dacché gli erano accadute tutte quelle disgrazie
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castello, dove erano ospitate molte persone, lì signore del castello fece loro premura di restare, meravigliato di vedere una così bella Principessa in
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la frittata nel fuoco. Il mercante non ci vedeva più dalla bile, e diceva che non sapeva che cosa farne di tre figliuole come loro, che non erano
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nascita che tutti i medici, tutti i maghi e tutte le fattucchiere del regno, non erano riusciti a guarire; era muta. Il padre, ricchissimo mercante, che
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vecchio servo, e met- tersi a vivere come due poveri disgraziati. Una sera, verso la fine di dicembre, il Conte e la Contessa erano seduti, dopo un magro
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palazzo sor- geva in vetta a una collina, nei cui fian- chi teneva accumulati tutti i suoi tesori. I mari erano cosparsi delle sue navi; il letto dei
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veleggiava. Era felice, perchè quello era il suo divertimento pre- ferito; e i quattro sapienti, il vecchio mae- stro e la vecchia bidella erano anch'essi
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, entrambi, un bene dell'anima. La mattina erano desti prima degli uccellini e andavano nel bosco a far legna, cantando allegramente. Tornavano a casa
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? - Tutti dovevano morire; erano con- dannati dal destino. - Piega il capo davanti a me, Hamid; rammentati che io sono la Sventura. - Vattene, strega
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fretta, e che ci avrebbe pensato. Intanto i due fratelli maggiori cresce- vano ed erano divenuti due giovinotti. Il po- polo si affezionava ogni giorno
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sbalordire per la Principessa. Non c'erano perle abbastanza grosse per farle il vezzo, brillanti abbastanza belli per comporle la corona, nè stoffe
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