La storia dell'arte
d’onore rivivono sulle pareti affrescate dei castelli, nei codici miniati, negli arazzi, nelle armi da torneo.
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rapporto esitante e contraddittorio nei confronti delle rivoluzionarie innovazioni che si andavano affermando nei centri maggiori.
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Costantino nei pressi del Colosseo, per celebrare la propria vittoria sul rivale Massenzio, ottenuta nel 312 d.C. alle porte di Roma, nei pressi di Ponte
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oro incenso e mirra a Gesù Bambino, per adorarlo e compiere un atto d’umiltà nei confronti del figlio di Dio che si è voluto incarnare per la salvezza
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mecenate particolarmente munifico: grazie al suo intervento finanziario, ad esempio, fu istituita una cattedra di greco a Firenze. Talvolta nei nostri
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presenziano alla scena sacra come fossero testimoni diretti dell’evento. Il fatto più insolito, però, non è questo tipo di presenza spesso, anche nei
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, vagamente imbambolato: nei loro corpi, dalle membra snelle e affusolate, si percepisce lo studio della statuaria antica la testa di Adamo, ad esempio, rimanda
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chiese, nei musei, nelle piazze delle nostre città queste opere d’arte che provengono da un passato più o meno remoto. Stanno davanti a noi e ci
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Nei manuali correnti è dedicata scarsa attenzione al variabile ruolo sociale attribuito agli artisti nel corso dei secoli, in base alla rilevanza che
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rappresenta un episodio che non è narrato nei Vangeli, ma che costituisce un cardine ideologico per la Chiesa di Roma, in quanto rappresenta Cristo che
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tratta della formula della cosiddetta Dedicatio codicis, che Melozzo ha adottato, piegandola però ad altri scopi. Spesso nei frontespizi dei codici
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godette il loro operato specie nei maggiori centri dell’Italia rinascimentale, fino a trovare una prima e significativa sanzione istituzionale nella
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quattrocenteschi di decorazioni prospettiche nei palazzi romani, questa sala affrescata da Peruzzi costituì per più di tre secoli un modello imitatissimo
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volta e le pareti: un «effetto speciale», volto a produrre un moto di paura che presto si muta in riso e sollievo, proprio come nelle fiabe o nei film
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a dilagare in tutta l’arte occidentale nei secoli a venire. Partendo dagli scorci di sottinsù messi in pratica da Mantegna nell’oculo della Camera
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Il termine e l’idea stessa di «Accademia» deriva ovviamente dalla celebre scuola filosofica ateniese fondata da Platone, nei cui ambienti e giardini
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Cortona in Palazzo Barberini, esse dilagarono anche nelle regge e nei palazzi nobiliari, celebrando il potere sacro e profano ovunque esso si manifestasse
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parole, cominciò ad affermarsi quel principio moderno per cui nell’opera d’arte il rapporto valore-lavoro non è quantificabile nei termini
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cosiddetto Spinano, attualmente conservato nei Musei Capitolini. Dunque, sia Ghiberti che Brunelleschi attingono spunti dall’arte classica, ma mentre
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Tra Cinque e Seicento le esperienze nordiche e quelle italiane si influenzarono e fecondarono a vicenda, così come del resto era avvenuto anche nei
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prospettico» rientra a pieno titolo tra i tanti disegni di cui ci parla anche Vasari, nei quali Paolo ritraeva quasi ossessivamente forme più o meno
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Quest’ultima affermazione ci mostra un Vasari sostanzialmente critico nei confronti di questi eccessi di virtuosismo e pedanteria prospettica
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usata soprattutto per decorare studioli umanistici, tavoli, cassoni, armadi, ma soprattutto stalli dei cori nei conventi e nelle chiese. Essa, in
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, ricomponevano a distanza, negli occhi degli spettatori, un’immagine unitaria. Solo nei contesti più modesti le quinte a «mezzo rilievo» erano
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, distribuite in modo simmetrico, da cui entravano e uscivano gli attori. Nei teatri più monumentali la scenae frons si protendeva ai lati con due corpi
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spettacoli si svolgevano o nelle piazze, dove venivano eretti teatri provvisori in legno, oppure nelle sale o nei grandi cortili di regge e palazzi
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appoggiava la pittura dei Preraffaelliti, ostentatamente neomedievale nei soggetti ma anche nella tecnica esecutiva, tutta tesa a realizzare una
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all’Arno. Attualmente è così che si presenta la prospettiva degli Uffizi nei due sensi (figg. 160-161): da una parte vediamo Palazzo Vecchio e la cupola
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. Ovvero quella pratica metodologica che nei paesi anglosassoni è definita con il termine connoisseurship.
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Tevere la rendevano umida e malsana, il che impediva di fatto di lavorare ad affresco in Vaticano nei mesi estivi. Ciò può aver avuto un peso nella
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matura e vecchi, laici e monaci raffigurati con o senza copricapo e nei modi più vari: di fronte, di profilo, di tre quarti, taluni perfino da dietro
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dipinte per essere osservate ed apprezzate una per una e nei dettagli, ma hanno un carattere squisitamente accessorio ed ornamentale, avendo come
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programmaticamente nei titoli della maggior parte dei suoi dipinti Notturno in blu e oro, Accordo in grigio e nero, Armonia in grigio e verde, Sinfonia in
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, la religione e le forme artistiche prodotte nei secoli che avevano preceduto l’avvento del Rinascimento. In altre parole, questi artisti evadevano
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vedere, che diverrà il sentire comune delle avanguardie artistiche nei decenni a cavallo tra XIX e XX secolo, dando luogo soprattutto alla teoria dell
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come una donna affascinante, acconciata nell’abito e nei capelli dall’insidia e dalla Frode, ma con il volto stravolto da un’espressione d’ira
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potenzialità insite nei materiali di cui l’artista si serve. Detto questo, però, occorre sottolineare che l’opera d’arte, al di là della sua consistenza
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alla sua ostinata e virtuosa chiusura nei confronti delle profferte dei Proci che ambivano a sposarla), quest’immagine di Penelope «vedova
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e compianto sul corpo dell’eroe), è un tema molto frequente nei rilievi dei sarcofagi romani e non è facile risalire a quale specifico rilievo
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della Libertà», David si muoveva in sintonia con la pratica propagandistica giacobina, che nei cortei funebri e nei comizi esponeva alla venerazione
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Naturalmente non sempre le opere d’arte sono rimaste, come in questo caso, nei luoghi per i quali sono state concepite, ma se uno storico dell’arte
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anarchia nei tanti Eden mediterranei di cui è disseminata la pittura postimpressionista e fauve: gioiosi paradisi terrestri di un’Arcadia «au bord de la
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volontà di «rinascita», si chiarisce meglio il senso e la portata dell’aspra condanna raffaellesca nei confronti della barbara architettura «dei Goti
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colpi sapienti di scalpello, che non mancavano mai nei giardini settecenteschi come decorazione di ninfei, finte grotte e fontane, secondo una
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’economia mercantile in atto nei paesi del Nord Europa e in Italia.
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Torniamo all’architettura gotica. A Parigi, la Sainte-Chapelle (fig. 69) ci attesta la capacità gotica di concentrare tutte le linee di forza nei
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, presentando in basso bozze ostentatamente sporgenti spesso lasciate volutamente grezze che vanno poi progressivamente appiattendosi nei piani superiori. Nel
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cui vediamo un bellimbusto e una dama che incedono eleganti, pavoneggiandosi nei loro raffinati abiti alla moda, come fossero modelli ad una sfilata di
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