La sorte
. - Questo si chiama spogliar la gente! - esclamava padre Agatino, esasperato. - Dite a me? Non vi basta di portarmi via ogni cosa? Ancora un poco, e
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dietro il figliuolo, scalzo anche lui e con la torcia in mano, alla dolceria di don Tino. - Me lo potreste prestare un vassoio, per la questua del ragazzo
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; gli stanchi si buttavano per terra, sugli scalini della chiesa, sbadigliando; i bambini dormivano con le teste dondolanti sulle spalle delle mam- me
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gli facessero il solletico, e se uno non dava loro un soldone, non riusciva a cavarseli di mezzo alle gambe. - Una vergogna che da me non si trova
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quale la gente si fermava, ammirando. - Lo sapete chi era prima quel Conterino? - diceva I'amico Agostino - Un morto di fame, peggio di me. Ora fa
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Saverio Conterino, arrabbiato per la concorrenza del nuovo salone. - Ora gli faccio vedere chi me lo fa fare! - rispose Salvatore quando gli riferirono
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, spuntavano le cime dei cipressi. - Scusami, non me n'ero accorto. Un vero malaugurio! Gli è che io non ho occhi se non per te. Se vuoi andar via... - Ora che
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, dov'egli stesso era cresciuto e contava di morire. - Io che non volli venderla quando almeno potevo cavarne un utile, me la vedo ora toglier di mano
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turno chiacchierando, fumando, leggendo i giornali. - Che me n'importa! - pensò Salvatore, e si affrettava verso casa, dove Fanny lo aspettava. Il
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servizio. - Ah, non lo vogliono sentire? - gridava - Qualche giorno gli dò la polpetta e me lo levo davanti. - Pròvati un po' - rispondeva il tappezziere
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padrona sono io, qui dentro, avete inteso? Chi s'attenta un'altra volta l'ha da fare con me! - Ah, fossi solo! - sospirava don Fe-lice. - Perchè non
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non me l'ha fatto nessuno!.. Or ora voglio andarmene!.. E don Felice a mettersi in mezzo, tremante: - Zitti per carità... quaggiù stanno tutti a
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, maestro come vi chiamate - rispose Rosa alzando le voci - che un posto a me non può mancare, e impiega-serve non ci siete voi solo! - Eh, non pigliar fuoco
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donna: una galanteria! - Già, io son fratello del barone; anzi il vero barone sono io; egli è nato dopo di me. Infatti, era ancora vestito di nero, per
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!.. - È stato il cavaliere Bardella... - biascicò don Antonino, cercando il letto, all'oscuro - me l'ha detto il portinaio del barone... - E voi che
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passarle una mano dietro la schiena. - Cheto, o vi dò un pugno - disse lei, facendosi brutta. - Eh, me ne vado... Avete paura che vi sciupi?.. E s'alzò
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gomitata. - Io vorrei il medico. Saverio dov'è andato? - Ha lasciato detto che non verrà prima di mezzogiorno. Vuole altro da me? Vado a preparare i lumi
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che mi perseguita! Voi, caro don Giacomo, dovete aiutarmi; non mi fate vendere l'Arenaccia; se no, io sono rovinata. - Se dipendesse da me... Ma don
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aver giuocato, bisogna bene che io restituisca i denari a chi me li ha prestati. - A chi? - Alla tasca! La principessa cominciava a irritarsi sordamente
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massaro Francesco - È il tempo tuo! - Che volete farci! Oggi a te, domani a me. A quest'ora vostro figlio Salvatore sente la musica della ritirata. Non
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suo santo?... Se ha cercato subito un successore a Salvatore di massaro Francesco, me n'entra qualche cosa in tasca?... E, affrettando il passo perchè
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far pagare cara. - A chi lo dite? - rispose don Gesualdo, grattandosi la testa sotto il berretto di cotone - Lasciate fare a me. Don Gesualdo era amico
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molto comodo. - Avete ragione! - se la pigliava col fattore - Me l'avete fatta! Ma un'altra volta non mi ci capiterete. -Tu impara a non essere
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, implorando perdono. Non c'era il verso di levarselo d'attorno! - Mio marito s'è accorto di qualche cosa; non venir più, se no t'ammazza. - Non me
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