LEGGENDE NAPOLETANE
storielle e sono indulgenti col narratore… V'era dunque una volta, nella nostra carissima Napoli, un uomo molto strano. Io non vi dico l'epoca precisa in
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l'Amor filiale, vuote allegorie che non chiudono più alcuna idea. Ultimo, poeticamente ultimo, è il Disinganno, un uomo che cerca con uno sforzo
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bella che fa vivere l'uomo nella gioia o nel dolore della realtà. Lassù si sogna nella vita; qui si vive in un sogno che è vita. Lassù i solitarî e tristi
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usura e tosava le monete d'oro; al secondo una giovane bella, di quelle che sono la tentazione e la dannazione dell'uomo; al terzo un marito ed una
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indolente natura dell'uomo sarà entrata quella vivacità attiva ed operosa che non si perde in vuoto cicaleccio, in vaghe aspirazioni ed in sogni grandiosi
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, paiono fatte estranee alla soave comunanza femminile, paiono odiate, esecrate. Ma il mondo le ama, ma l'uomo le ama. Così è sempre, così sempre sarà
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bella e più rigogliosa. Laggiù nel quartiere che noi moderni chiamiamo Pendino, annidava un formidabile serpente che era lo spavento di ogni uomo avendo
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vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un
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nome dell'uomo? - chiese poi duramente. Donnalbina tremò e non rispose. - Il nome dell'uomo? - insistette l'altra. - È un giovane cavaliere, un
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fatiche. Era uomo semplice e buono, silenzioso ed ignorante d'amore: quando un giorno, mentre sedeva a riva ed immergeva l'amo nell'onda, dalle